Madre M. Alba Prest:

la bellezza della maternità spirituale

 

Nei giorni successivi alla morte di Madre Alba, in Casa Madre, ad Albano, si respirava un clima di raccolta e silenziosa pace. Era tornata al Padre, il 17 marzo 1967, una sorella ancora giovane, ma la cui maternità spirituale aveva già illuminato molte vite.

Maria Giuseppina, questo era il suo nome di Battesimo, era nata a Ponte nelle Alpi, Belluno, il giorno della Presentazione di Maria al tempio, il 21 novembre del 1928, ed era stata battezzata cinque giorni dopo, il 26 novembre, nella suggestiva chiesa parrocchiale di Cadola, arrampicata sui pendii montani del parco nazionale delle Dolomiti bellunesi e dedicata a S. Maria del Rosario.

L’infanzia di Giuseppina fu caratterizzata da una situazione difficile, per questo per alcuni anni la bimba fu mandata in collegio allo scopo di assicurarle una buona educazione e la frequenza regolare della scuola. Successivamente la famiglia si trasferì a Puos d’Alpago, dove Giuseppina, a 11 anni, ricevette il sacramento della Cresima nella parrocchia di S. Bartolomeo Apostolo, il 17 dicembre 1939. 

 

Nel 1941, a Puos d’Alpago si stabilì una comunità di suore Pastorelle, che erano fresche di fondazione. A causa della II guerra mondiale poi, nel 1943, si aggiunsero altre suore, sfollate da Genzano e si stabilirono nella casa che la signorina Rosa Mandochi, aveva messo a loro disposizione.

Molte ragazze si avvicinavano alle suore e rimanevano affascinate dal loro stile di vita semplice, gioioso, molto vicino alla gente. I tempi erano difficili per tutti ma la presenza delle Pastorelle illuminava, come un raggio di sole benefico e continuo, la vita della comunità parrocchiale.

Insieme ad altre ragazze anche Giuseppina cominciò a frequentare le suore. Aveva un carattere riservato, di poche parole, ma lo sguardo intenso e profondo rivelava una personalità dolce e determinata. Frequentava con assiduità la scuola di lavoro e si distingueva per la facilità ad apprendere e per la generosità con cui si prestava ad aiutare le altre compagne. Era fedele alle celebrazioni liturgiche della parrocchia, e la si vedeva sempre composta e assorta nella preghiera. Aveva solo 16 anni ma il Pastore Gesù l’aveva già intimamente sedotta e chiamata alle sua sequela. Lo confidò a una sua amica, Luigia Barattin, di un anno maggiore di lei, ed insieme si incoraggiarono a seguire il Signore.

Giuseppina era figlia unica, ma non esitò un solo momento nella decisione di seguire il buon Pastore e il 25 gennaio 1944,

festa della conversione di S. Paolo, entrò in Congregazione, proprio a Puos d’Alpago. Quando nel 1945 le suore tornarono a Genzano, Giuseppina continuò il suo postulato nelle comunità di Marciana Alta, all’isola d’Elba e poi a Bieno Valsugana, in Trentino.

Anni preziosi ed impegnativi che diedero alla giovane postulante l’opportunità di crescere insieme alla nostra Congregazione, partecipando agli anni eroici degli inizi. Il 14 agosto del 1950 Giuseppina era già pronta per entrare in noviziato, che fece a S. Pietro alle Acque, un minuscolo convento con annessa la chiesa dedicata a S. Pietro, vicino a Massa Martana (Pg) che era, a quell’epoca, la casa principale dell’istituto. Qui le Pastorelle, con il loro zelo, avevano fatto rifiorire un edificio e una chiesa che erano in stato di abbandono [1].

Nella relazione per l’ammissione alla professione si sottolinea che la novizia è molto pia e retta, ha grande amore allo studio, intelligenza buona e molta riflessione. E’ piuttosto timida e silenziosa, ma comprende bene l’apostolato ed è inclinata specialmente all’insegnamento. E’ una persona di pensiero profondo che sa portare le proprie responsabilità senza farne notare il peso. Vive la povertà, ama l’istituto e ne cerca il bene. La relazione si conclude con una valutazione molto positiva: la novizia ha fatto un buon noviziato ed è una buona suora.

 

Questo profilo, disegnato in modo essenziale, dice molte cose della personalità di Madre Alba e lascia prevedere gli sviluppi di quella maternità spirituale che sarà la sua fisionomia specifica in mezzo al popolo di Dio e per le sorelle che le saranno di volta in volta affidate. Il 15 agosto 1951, la nostra novizia emette la prima professione a Genzano assumendo il nome di Maria Alba. Possiamo supporre che tale nome le fosse stato dato dal Fondatore, che in quel tempo presiedeva quasi tutte le celebrazioni importanti della nascente congregazione. Ma certamente nome che è presagio di una interiore luce mattutina che avrebbe raggiunto presto la pienezza del meriggio.

Appena fatta professione fu mandata a Tonadico di Primiero (TN) come superiora della  giovane comunità, aperta nell’aprile del 1949. E fu subito “madre”, non solo perché così erano chiamate le nostre sorelle che assumevano l’animazione della comunità, ma soprattutto perché le sorelle riconobbero in lei i tratti buoni e materni che davano sicurezza e gioia. La sua maternità parlava attraverso la vita e si potrebbe applicare a Madre Alba quel detto di un padre del deserto che, prima di morire, aveva confessato ai suoi discepoli che non aveva fatto mai la sua volontà e che non aveva mai insegnato nulla che prima non avesse vissuto.

Bastava l’esempio, quell’autorevolezza spirituale che induceva alla fedeltà e alla letizia nell’appartenere a Gesù buon Pastore. A lei si potevano confidare i cammini belli e faticosi della sequela e gli interrogativi che sorgevano nell’apostolato. Madre Alba conservava quel tratto timido e riservato privo di ogni protagonismo e di ricerca di gratificazioni, ma la sua presenza era sempre un richiamo alla bellezza di essere di Gesù buon Pastore, come affermava il primo programma delle Pastorelle. Molte giovani di quell’epoca, che divennero Pastorelle, erano state incoraggiate dalla sua testimonianza e della sua chiarezza di discernimento.

La giovanissima Madre quando incontrava la Madre Generale le diceva immancabilmente: “Quando mi toglie da superiora? Perché non sono capace”. In verità la sua maternità era così umile e bella che tutta la sua vita religiosa l’ha vissuta proprio come superiora di comunità. Viveva nel silenzio e nel nascondimento ed era così dimentica di se stessa, umile e paziente, che sembrava si scusasse persino di esistere.

Nel 1956 si rese preziosa la sua presenza come superiora della vicina comunità di Cinte Tesino, dove rimase sino al 1963, quando le fu chiesto di animare la comunità di Pressano di Lavis, in cui svolse la sua missione sino al manifestarsi della malattia.

La gente la chiamava la “suora buona”, era sempre accogliente e rispettosa verso tutti e per tutti aveva attenzione e cura spirituale, sia per i piccoli come per gli adulti. Era sorridente e serena e il pallore del volto sembrava ingentilire i suoi tratti di mitezza evangelica. Si sedeva accanto a chi desiderava parlarle ed ascoltava con una profonda attenzione, per cui le persone si sentivano prese in cura e amate.

 

Nel febbraio del 1966 in occasione della visita canonica, la superiora generale notò che era sofferente e che era bene verificare il suo stato di salute. Ma lei si schermiva dicendo che stava bene e di non preoccuparsi per lei. Non aveva esigenze, né tanto meno attese o pretese. Ma la visitatrice le disse di partire subito per Albano per fare una visita accurata e prendersi un po’ di riposo. A questo punto obbedì e giunta ad Albano, dopo i primi controlli, si rivelò subito una grave nefrite della quale non sarebbe più guarita. Le si apprestarono le cure necessarie, molto riposo e frequente controllo medico. Si sperava almeno di donarle qualche anno di vita in più.

La comunità parrocchiale di Pressano, alla partenza di Madre Alba, si sentì improvvisamente orfana, privata di una presenza materna e delicata, da tutti apprezzata. Il parroco, don Vittorio Asson, le scriveva premurose letterine nelle quali le assicurava la preghiera, le raccontava le vicende rilevanti della parrocchia e poi sempre si premurava di ringraziarla per la sua prudenza e bontà. “Tutti ci auguriamo di poterla riavere presto tra noi, rimessa «a nuovo». Riconoscenti, questa sera la ricorderemo davanti alla grotta di Lourdes, qui davanti al suo asilo. Lei voglia ricordarci nella sua offerta quotidiana. Alla chiusura delle scuole verremo a trovarla”.

La malattia di Madre Alba si protrasse per circa un anno, tra ricoveri all’ospedale Regina Apostolorum e periodi di cure in Casa Madre.  Non cessava però di essere Madre e nella sua semplicità e umiltà aveva un sorriso per tutte, una preghiera di intercessione e di offerta per quanti il Buon 

Pastore le aveva affidato. E intanto si preparava con cura all’incontro con il suo Signore e Sposo.

Il 25 febbraio si rese necessario un ulteriore ricovero in ospedale. Il male avanzava velocemente. L’otto marzo ricevette il sacramento dell’Unzione degli infermi e il Viatico con piena e lucida consapevolezza, consegnata all’Amore del Padre che l’aveva prediletta e chiamata a seguire il suo Figlio Gesù. Aveva una sola paura: quella di non sapere sopportare altre sofferenze se il male si fosse ulteriormente aggravato. Ma la fiducia in Dio era totale e incondizionata.

Soffriva molto, ma non si lamentava mai, né chiedeva qualcosa per sé. Il 17 marzo disse: “Oggi non va tanto bene”. Alle sorelle che, nel pomeriggio, l’avevano visitata disse di tornare a casa perché c’era cattivo tempo. Le sorelle andarono dicendole che sarebbero tornate dopo cena. Ma il tempo era compiuto. Così Madre Alba rimase in solitudine con il Signore che, quella sera stessa, venne a prenderla per condurla dolcemente alle nozze. Era lo stesso silenzio e la stessa solitudine interiore con cui era vissuta, dimentica di sé e protesa a donare vita agli altri.

Con gioia ringraziamo il buon Pastore per questa sorella e madre. La segreta azione dello Spirito ha reso feconda la sua vita e la sua morte per la nostra Congregazione, e per la sua offerta, ha trasmesso a molte altre persone il dono della maternità spirituale.

 

sr Giuseppina Alberghina, sjbp

 

Note

[1] E’ quanto ricorda il Fondatore in una predica del 12.12.1948, PrP III, 205