Madre M. Alba Prest: la bellezza della maternità spirituale |
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Nei giorni successivi alla morte di Madre Alba, in Casa Madre, ad Albano, si respirava un clima di raccolta e silenziosa pace. Era tornata al Padre, il 17 marzo 1967, una sorella ancora giovane, ma la cui maternità spirituale aveva già illuminato molte vite. |
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Questo profilo, disegnato in modo essenziale, dice molte cose della personalità di Madre Alba e lascia prevedere gli sviluppi di quella maternità spirituale che sarà la sua fisionomia specifica in mezzo al popolo di Dio e per le sorelle che le saranno di volta in volta affidate. Il 15 agosto 1951, la nostra novizia emette la prima professione a Genzano assumendo il nome di Maria Alba. Possiamo supporre che tale nome le fosse stato dato dal Fondatore, che in quel tempo presiedeva quasi tutte le celebrazioni importanti della nascente congregazione. Ma certamente nome che è presagio di una interiore luce mattutina che avrebbe raggiunto presto la pienezza del meriggio. Appena fatta professione fu mandata a Tonadico di Primiero (TN) come superiora della giovane comunità, aperta nell’aprile del 1949. E fu subito “madre”, non solo perché così erano chiamate le nostre sorelle che assumevano l’animazione della comunità, ma soprattutto perché le sorelle riconobbero in lei i tratti buoni e materni che davano sicurezza e gioia. La sua maternità parlava attraverso la vita e si potrebbe applicare a Madre Alba quel detto di un padre del deserto che, prima di morire, aveva confessato ai suoi discepoli che non aveva fatto mai la sua volontà e che non aveva mai insegnato nulla che prima non avesse vissuto. Bastava l’esempio, quell’autorevolezza spirituale che induceva alla fedeltà e alla letizia nell’appartenere a Gesù buon Pastore. A lei si potevano confidare i cammini belli e faticosi della sequela e gli interrogativi che sorgevano nell’apostolato. Madre Alba conservava quel tratto timido e riservato privo di ogni protagonismo e di ricerca di gratificazioni, ma la sua presenza era sempre un richiamo alla bellezza di essere di Gesù buon Pastore, come affermava il primo programma delle Pastorelle. Molte giovani di quell’epoca, che divennero Pastorelle, erano state incoraggiate dalla sua testimonianza e della sua chiarezza di discernimento. La giovanissima Madre quando incontrava la Madre Generale le diceva immancabilmente: “Quando mi toglie da superiora? Perché non sono capace”. In verità la sua maternità era così umile e bella che tutta la sua vita religiosa l’ha vissuta proprio come superiora di comunità. Viveva nel silenzio e nel nascondimento ed era così dimentica di se stessa, umile e paziente, che sembrava si scusasse persino di esistere. Nel 1956 si rese preziosa la sua presenza come superiora della vicina comunità di Cinte Tesino, dove rimase sino al 1963, quando le fu chiesto di animare la comunità di Pressano di Lavis, in cui svolse la sua missione sino al manifestarsi della malattia. La gente la chiamava la “suora buona”, era sempre accogliente e rispettosa verso tutti e per tutti aveva attenzione e cura spirituale, sia per i piccoli come per gli adulti. Era sorridente e serena e il pallore del volto sembrava ingentilire i suoi tratti di mitezza evangelica. Si sedeva accanto a chi desiderava parlarle ed ascoltava con una profonda attenzione, per cui le persone si sentivano prese in cura e amate. |
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Note [1] E’ quanto ricorda il Fondatore in una predica del 12.12.1948, PrP III, 205 |
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