Le finalità / I destinatari
(cfr depliant)
I convegnisti:
ci siamo ritrovati come persone che sono nel
cammino della fede, che hanno risposto a diverse
vocazioni (siamo qui non come persone risolte ma
... e questo non ci tira fuori da una crescita,
da una maturazione mai conclusa ...) e che,
sperimentando la sensatezza e la credibilità
della propria esperienza, si chiedono: come io,
sacerdote, educatore, pastorella, catechista,
genitore posso prendermi cura di
raccontare la buona notizia che da senso
e salvezza e che è Gesù Cristo?
Non basta: come posso fare questo non da
sola/o ma insieme, perché il Signore ha
un corpo, la Chiesa, una comunità? E in questo
corpo ogni vocazione narra qualcosa all’altra, e
ogni ministero dice che c’è bisogno di un altro.
(Il catechista ha bisogno dell’animatore e
viceversa, l’amore verginale si illumina nel
confronto con l’amore coniugale ... la vita
religiosa ... e il sacerdozio).
E ancora siamo stati qui come persone che, in
modi diversi, sono presenti ad un cammino di
comunità parrocchiale, persone che sono
interessate al suo crescere e al suo edificarsi,
persone che vivono la pastoralità,
cioè che stanno sincronizzando i loro passi
dietro il Signore per una comunità che cresce e
in essa per dei singoli che crescono.
Alcuni nuclei tematici che sono emersi:
PASTORALE VOCAZIONALE E PASTORALE
GIOVANILE
Non sono assimilabili e non coincidono.
Pastorale vocazionale è possibilità e capacità
insita alla pastorale nel suo insieme e alla
comunità di comunicare il Dio di Gesù Cristo,
che chiama ad una relazione personale e viva con
Lui, che offre un progetto di vita
esistenzialmente significativo non solo
nella sua compiutezza, ma anche nelle singole e
specifiche chiamate di cui la vita
è disseminata.
Pastorale vocazionale è accompagnamento del
percorso di tutta una vita, affidato ad
ogni ministero (dal sacerdote al
catechista all’animatore alla suora al genitore
...)
Non solo: è affidata alla relazione tra i
diversi ministeri (genitori e
catechisti, educatori e suore, ... ) che devono
formare come una rete di testimonianza e di
comunicazione e che devono far interagire
i diversi ambiti pastorali.
C’è dunque una duplice globalità, un
duplice insieme: della comunità e
dell’apostolato.
La pastorale vocazionale è coltivata in ogni
spazio: educativo, di formazione, di fede,
ministeriale.
Spazi che sono innanzitutto relazionali,
cioè caratterizzati dall’incontro ‘tra corpi’ ma
anche capaci di molteplici linguaggi; spazi che
possono essere itinerari, iniziative ma sempre
proposte di senso, belle, accessibili,
coinvolgenti.
Come e quando emergono in questo percorso i
diversi esiti vocazionali (amore coniugale, le
scelte di speciale consacrazione, il sacerdozio,
la secolarità ...)?
La pastorale giovanile è un tratto
speciale del percorso vocazionale, un tratto
orientativo, creativo, probabilmente
decisionale.
I GIOVANI
Sono dentro la storia e l’umanità a cui
tutti apparteniamo e che gli adulti hanno
costruito e comunicano. Non sono da considerare
destinatari passivi, ma protagonisti di ricerca
e di sogni, (anche di un mondo pieno?), da ‘intercettare’,
seppur abitati da contraddizioni e fragilità.
Sono i più recettivi delle trasformazioni
culturali e sociali, che ne condizionano la
costruzione di un’identità che ha bisogno di
essere fondata sull’alterità, (per
ridurre il relativismo) sulla memoria e sulla
storia (per sottrarre all’assenza di
progettualità), sull’incontro con il volto di
Gesù attraverso un annuncio che faccia loro
sperimentare che Egli li ama e ama la loro vita.
La fede dei giovani non è spenta, ma cerca nuovi
spazi e nuovi riconoscimenti, c’è una domanda di
sacro che non trova sempre risposta all’interno
delle proposte attualmente rivolte ai giovani.
I GIOVANI E LA COMUNITÀ ECCLESIALE
I giovani sono dentro, non di fronte, la
comunità ecclesiale, che li ha generati con il
battesimo, li ha nutriti con l’Eucaristia, li ha
confermati con la cresima e con essi vuole
continuare il cammino, il dialogo, l’incontro.
Di essi ha bisogno la Parola di Dio per creare
bellezza e senso nel mondo, di essi hanno
bisogno p.es. gli adolescenti per praticare in
compagnia vie possibili di crescita, hanno
bisogno gli anziani per vedere la speranza.
Di fatto si sperimenta l’inadeguatezza
relazionale e pastorale verso i giovani, che è
inadeguatezza all’interno di un passaggio
epocale.
Ma tra risoluzioni definitive e inerzia, ci sono
tante possibilità intermedie, da assumere
creativamente, con la fantasia dell’amore, con
la sapienza della fede.
L’orizzonte della missionarietà:
l’approccio del primo annuncio, cioè di quella
proposta che la comunità cristiana fa per
mettere le persone in condizione di decidersi
per Cristo. Comporta belle relazioni personali,
il porre domande, offrire luoghi per ascoltare
risposte, sostenere la decisione di
approfondire.
La ‘bellezza’ e le risorse dei
momenti quotidiani e occasionali.
I care: comincio ad annullare le
distanze e le paure, ad abbandonare giudizi
previ, a superare ogni pigrizia relazionale.
Faccio passi per confrontarmi con altri, per
incontrare, per verificare le mie capacità di
accoglienza e di ascolto. Perché la
relazione è fatta di fiducia, ascolto,
pazienza, accoglienza, tempo, accompagnamento.
I care: io/noi, io persona/noi comunità mi
prendo/ci prendiamo cura dei giovani
come persone amate da Dio. Io scendo in piazza.,
io prego per loro, io li ascolto, io mi
interesso, io li saluto, io perdo tempo con
loro, io parlo loro del Signore, io li raggiungo
all’università, con loro apro la Scrittura, io
studio spazi di dialogo e di confronto, io sono
affianco. Sempre c’è un noi che
precede e manda: è la chiesa. Sempre c’è un
io che dice: eccomi, manda me.
I care: l’ io/noi
della comunità ecclesiale sprigiona e inventa
relazioni significative, educative,
incaricate cioè di provocare e accompagnare una
scoperta: la vita che abita dentro un giovane è
la vita stessa che Dio ha seminato in essa,
l’amore che attende e l’Amore che gli è già
donato. Una vita da ascoltare, una vita da
contemplare.
Disegna percorsi e itinerari
differenziati, personali e di gruppo, capaci di
confronto culturale, come di trasparenza
spirituale, propositive di dedizione
e di contemplazione.
La figura dell’animatore nasce e
cresce dentro l’I care di una
comunità, che contagia di passione educativa
persone sensibili, motivate, disponibili a
formarsi e a mettersi in gioco, donando tempo,
risorse, amore.
Tutto questo è risultato del lavoro delle
diverse figure ministeriali impegnate sì
personalmente, ma che pensano e lavorano secondo
un cammino condiviso, è
collaborazione che chiede costanza e
continuità, che ha bisogno della conoscenza e
della stima tra le diverse vocazioni.
Perché la comunità è sinfonia di vocazioni a cui
le note della reciprocità e complementarietà
danno bellezza e consistenza: la famiglia, le
diverse scelte di speciale consacrazione, il
sacerdozio, ma anche il ministero del
catechista, dell’educatore, delle missioni,
della consolazione, dell’accoglienza...
È continua ad aprirsi la via per crescere
come comunità chiamante, la via della
disponibilità che dice ed entusiasma
a dire: I care! e scoprire i passi
possibili, la via sulla quale Pastorelle,
laici, sacerdoti possono incontrarsi per
raccontare insieme che Dio chiama
ad avere passione per Lui e per i fratelli e a
suscitare la domanda: Signore, cosa vuoi che io
faccia?▪ |