Finalità, destinatari, temi

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Conclusioni

a cura di sr Annarita Cipollone, sjbp

Le finalità / I destinatari (cfr depliant)

I convegnisti: ci siamo ritrovati come persone che sono nel cammino della fede, che hanno risposto a diverse vocazioni (siamo qui non come persone risolte ma ... e questo non ci tira fuori da una crescita, da una maturazione mai conclusa ...) e che, sperimentando la sensatezza e la credibilità della propria esperienza, si chiedono: come io, sacerdote, educatore, pastorella, catechista, genitore posso prendermi cura di raccontare la buona notizia che da senso e salvezza e che è Gesù Cristo?
 
Non basta: come posso fare questo non da sola/o ma insieme, perché il Signore ha un corpo, la Chiesa, una comunità? E in questo corpo ogni vocazione narra qualcosa all’altra, e ogni ministero dice che c’è bisogno di un altro. (Il catechista ha bisogno dell’animatore e viceversa, l’amore verginale si illumina nel confronto con l’amore coniugale ... la vita religiosa ... e il sacerdozio).
 
E ancora siamo stati qui come persone che, in modi diversi, sono presenti ad un cammino di comunità parrocchiale, persone che sono interessate al suo crescere e al suo edificarsi, persone che vivono la pastoralità, cioè che stanno sincronizzando i loro passi dietro il Signore per una comunità che cresce e in essa per dei singoli che crescono.
 
Alcuni nuclei tematici che sono emersi:

PASTORALE VOCAZIONALE E PASTORALE GIOVANILE
Non sono assimilabili e non coincidono. Pastorale vocazionale è possibilità e capacità insita alla pastorale nel suo insieme e alla comunità di comunicare il Dio di Gesù Cristo, che chiama ad una relazione personale e viva con Lui, che offre un progetto di vita esistenzialmente significativo non solo nella sua compiutezza, ma anche nelle singole e specifiche chiamate di cui la vita è disseminata.
 
Pastorale vocazionale è accompagnamento del percorso di tutta una vita, affidato ad ogni ministero (dal sacerdote al catechista all’animatore alla suora al genitore ...)
Non solo: è affidata alla relazione tra i diversi ministeri (genitori e catechisti, educatori e suore, ... ) che devono formare come una rete di testimonianza e di comunicazione e che devono far interagire i diversi ambiti pastorali.
 
C’è dunque una duplice globalità, un duplice insieme: della comunità e dell’apostolato.
La pastorale vocazionale è coltivata in ogni spazio: educativo, di formazione, di fede, ministeriale.
Spazi che sono innanzitutto relazionali, cioè caratterizzati dall’incontro ‘tra corpi’ ma anche capaci di molteplici linguaggi; spazi che possono essere itinerari, iniziative ma sempre proposte di senso, belle, accessibili, coinvolgenti.
Come e quando emergono in questo percorso i diversi esiti vocazionali (amore coniugale, le scelte di speciale consacrazione, il sacerdozio, la secolarità ...)?
 
La pastorale giovanile è un tratto speciale del percorso vocazionale, un tratto orientativo, creativo, probabilmente decisionale.

I GIOVANI
Sono dentro la storia e l’umanità a cui tutti apparteniamo e che gli adulti hanno costruito e comunicano. Non sono da considerare destinatari passivi, ma protagonisti di ricerca e di sogni, (anche di un mondo pieno?), da ‘intercettare’, seppur abitati da contraddizioni e fragilità.
 
Sono i più recettivi delle trasformazioni culturali e sociali, che ne condizionano la costruzione di un’identità che ha bisogno di essere fondata sull’alterità, (per ridurre il relativismo) sulla memoria e sulla storia (per sottrarre all’assenza di progettualità), sull’incontro con il volto di Gesù attraverso un annuncio che faccia loro sperimentare che Egli li ama e ama la loro vita.
La fede dei giovani non è spenta, ma cerca nuovi spazi e nuovi riconoscimenti, c’è una domanda di sacro che non trova sempre risposta all’interno delle proposte attualmente rivolte ai giovani.
 

I GIOVANI E LA COMUNITÀ ECCLESIALE
I giovani sono dentro, non di fronte, la comunità ecclesiale, che li ha generati con il battesimo, li ha nutriti con l’Eucaristia, li ha confermati con la cresima e con essi vuole continuare il cammino, il dialogo, l’incontro. Di essi ha bisogno la Parola di Dio per creare bellezza e senso nel mondo, di essi hanno bisogno p.es. gli adolescenti per praticare in compagnia vie possibili di crescita, hanno bisogno gli anziani per vedere la speranza.
 
Di fatto si sperimenta l’inadeguatezza relazionale e pastorale verso i giovani, che è inadeguatezza all’interno di un passaggio epocale.
Ma tra risoluzioni definitive e inerzia, ci sono tante possibilità intermedie, da assumere creativamente, con la fantasia dell’amore, con la sapienza della fede.
 
L’orizzonte della missionarietà: l’approccio del primo annuncio, cioè di quella proposta che la comunità cristiana fa per mettere le persone in condizione di decidersi per Cristo. Comporta belle relazioni personali, il porre domande, offrire luoghi per ascoltare risposte, sostenere la decisione di approfondire.
 
La ‘bellezza’ e le risorse dei momenti quotidiani e occasionali.
 
I care: comincio ad annullare le distanze e le paure, ad abbandonare giudizi previ, a superare ogni pigrizia relazionale. Faccio passi per confrontarmi con altri, per incontrare, per verificare le mie capacità di accoglienza e di ascolto. Perché la relazione è fatta di fiducia, ascolto, pazienza, accoglienza, tempo, accompagnamento.
 
I care: io/noi, io persona/noi comunità mi prendo/ci prendiamo cura dei giovani come persone amate da Dio. Io scendo in piazza., io prego per loro, io li ascolto, io mi interesso, io li saluto, io perdo tempo con loro, io parlo loro del Signore, io li raggiungo all’università, con loro apro la Scrittura, io studio spazi di dialogo e di confronto, io sono affianco. Sempre c’è un noi che precede e manda: è la chiesa. Sempre c’è un io che dice: eccomi, manda me.
 
I care: l’ io/noi della comunità ecclesiale sprigiona e inventa relazioni significative, educative, incaricate cioè di provocare e accompagnare una scoperta: la vita che abita dentro un giovane è la vita stessa che Dio ha seminato in essa, l’amore che attende e l’Amore che gli è già donato. Una vita da ascoltare, una vita da contemplare.
Disegna percorsi e itinerari differenziati, personali e di gruppo, capaci di confronto culturale, come di trasparenza spirituale, propositive di dedizione e di contemplazione.
 
La figura dell’animatore nasce e cresce dentro l’I care di una comunità, che contagia di passione educativa persone sensibili, motivate, disponibili a formarsi e a mettersi in gioco, donando tempo, risorse, amore.
 
Tutto questo è risultato del lavoro delle diverse figure ministeriali impegnate sì personalmente, ma che pensano e lavorano secondo un cammino condiviso, è collaborazione che chiede costanza e continuità, che ha bisogno della conoscenza e della stima tra le diverse vocazioni.
 
Perché la comunità è sinfonia di vocazioni a cui le note della reciprocità e complementarietà danno bellezza e consistenza: la famiglia, le diverse scelte di speciale consacrazione, il sacerdozio, ma anche il ministero del catechista, dell’educatore, delle missioni, della consolazione, dell’accoglienza...
 
È continua ad aprirsi la via per crescere come comunità chiamante, la via della disponibilità che dice ed entusiasma a dire: I care! e scoprire i passi possibili, la via sulla quale Pastorelle, laici, sacerdoti possono incontrarsi per raccontare insieme che Dio chiama ad avere passione per Lui e per i fratelli e a suscitare la domanda: Signore, cosa vuoi che io faccia?▪