Governo Generale

Da settanta anni nel mondo

a mostrare il volto amorevole del Pastore

 

Portiamo a vostra conoscenza un articolo che è stato pubblicato sull'Osservatore Romano, edizione quotidiana in lingua italiana, il 1° ottobre 2008:

 

"Da 70 anni nella Chiesa esistono delle religiose votate a un vero e proprio ministero di cura pastorale. Sono le Suore di Gesù buon Pastore, più comunemente chiamate Pastorelle. Lo Spirito le ha suscitate nella Chiesa grazie al Beato Giacomo Alberione, che le ha fondate nel 1938.

L’audacia apostolica di don Alberione era già nota alla Chiesa di Alba quando scrisse, nel 1915, il libro: “La donna associata allo zelo sacerdotale”, nel quale elencò tutte le potenzialità femminili poste al servizio della pastorale. Divenuto vice parroco in un piccola parrocchia, ebbe l’ispirazione di associare al sacerdote in cura d’anime una comunità di religiose. Ispirazione che dovette attendere trent’anni di riflessione e di intensa preghiera, prima di diventare realtà.

Intanto il giovane prete, ispirandosi all’apostolo Paolo, diede vita ad altre comunità religiose, maschili e femminili, dediti alla diffusione del Vangelo mediante i mezzi più celeri ed efficaci. Nacquero così la Società San Paolo e le Figlie di San Paolo. Memore che l’apostolo Paolo aveva avuto come preziose collaboratrici molte donne, egli continuava a dare vita a comunità femminili chiamate a stare accanto ai sacerdoti per sostenerli nella vita personale e nel ministero. Nacquero così le Pie Discepole del Divino Maestro ed infine, esattamente il 7 ottobre di 70 anni fa, le Suore di Gesù buon Pastore, Pastorelle.

Cosa fanno di speciale le Pastorelle?

Don Alberione, nel descrivere la loro missione, le vede come madri e sorelle che accompagnano il nascere e lo svilupparsi della vita in Cristo nella comunità ecclesiale, si prendono cura del cammino di fede di ogni battezzato, specialmente in quella cellula della Chiesa che è la parrocchia.

Offre loro, come fondamento, la pagina evangelica di Giovanni 10, chiedendo che tutto il loro cammino spirituale sia un conformarsi a Cristo buon Pastore che dona la vita, e la loro missione nella Chiesa, un rendere visibile il volto amorevole e misericordioso di Gesù, il bel Pastore. Le affida a Maria, la Madre di Gesù buon Pastore, perché sul suo esempio sappiano affiancarsi ai pastori della Chiesa, condividendo la “cura animarum”.

Per completare i riferimenti esemplari chiede loro di ispirarsi agli apostoli Pietro e Paolo, confermando così l’audacia che lo aveva caratterizzato sin dall’inizio. Difatti ci voleva una buona dose di coraggio nell’indicare a un gruppo di giovani religiose, anche se pioniere delle nuova istituzione, di prendere a modelli del loro servizio alla Chiesa, nientemeno che i massimi pastori della Chiesa. Ma la Pastorelle, innestandosi nella parresia del Fondatore, accolgono ogni cosa come dono e iniziano il loro cammino a Genzano, diocesi di Albano Laziale, senza tentennamenti. Con l’approvazione della Chiesa, nel 1953 quella diocesana e nel 1959 quella pontificia, la nuova famiglia alberioniana cresce rapidamente e si espande dall’Italia al mondo, soprattutto in quelle missioni più bisognose di cura pastorale.

Dopo 70 anni le troviamo presenti nei cinque continenti, con 124 comunità e quasi 600 professe. Al di là dei numeri ci sembra utile descrivere, a titolo di esempio, alcune missioni in cui le Pastorelle compiono il loro ministero di cura pastorale.

Otto anni dopo la fondazione, nel 1946, le Pastorelle danno inizio alla loro missione in Brasile. Tra le tante missioni, ricordiamo quella nella serra delle Araucarie, tra i Caboclos. A Sud dell’immenso Brasile, nelle zone interne dello Stato di Santa Catarina, abita un popolo speciale che discende dall’incontro tra indigeni, negri e immigrati dall’Europa, i cosidetti caboclos. La storia di questo popolo viene da molto lontano, ha origine dagli indigeni “araucani”, presenti nel territorio da quattro mila anni. A partire dal XVI secolo, all’epoca della colonizzazione, i portoghesi sottomisero gli indios e portarono dall’Africa molti negri come schiavi, per utilizzarli nella cattura delle balene, nella zona costiera. Successivamente molti di loro furono venduti per lavorare nelle foreste dell’altipiano serrano, con tutte le sofferenze e le umiliazioni di una situazione di dura schiavitù. Alla fine del XIX secolo si aggiunsero a loro molti emigrati provenienti dall’Europa.

Proprio a servizio di questo popolo le Pastorelle sono state chiamate a svolgere il loro ministero di cura pastorale nella parrocchia dedicata a Maria, Nostra Signora del Patrocinio. Hanno scelto di annunciare nuovamente il Vangelo coinvolgendo molti laici nel rilancio di una Chiesa missionaria. Il loro principale impegno, in collaborazione con il parroco, è prenderci cura della vita cristiana del popolo, aiutando le persone nel cammino di purificazione della fede, per una cultura della fede che sostenga e alimenti la mentalità evangelica, e spinga a diventare missionari del Vangelo. Le Pastorelle sono presenti ai momenti di formazione e di catechesi ai diversi livelli, ed anche con l’accompagnamento delle persone e delle situazioni che hanno bisogno di crescere e maturare nell’adesione a Cristo.

Da cinquant’anni le Pastorelle sono presenti in Australia e da oltre trent’anni nella parrocchia di St Paul, Coburg, Melbourne. Animano la liturgia e il canto, accompagnano i giovani nella catechesi e nella mistagogia, visitano gli ammalati e le famiglie bisognose. S. Paul è una parrocchia sempre aperta ad accogliere gli emigranti. Dopo la seconda guerra mondiale erano gli irlandesi che si aggregavano alla parrocchia. Dagli anni sessanta in poi furono gli italiani mentre negli anni più recenti sono i filippini, gli indiani, i libanesi e i cingalesi.

Le sorelle svolgono il loro ministero pastorale con il gruppo multiculturale della parrocchia: giovani famiglie, molte donne filippine sposate a uomini italiani o di origine irlandese. Ci sono circa 30 famiglie che fanno parte di questo gruppo. Coordinano le iniziative di formazione, di spiritualità e di festa. Come gruppo gli adulti s’incontrano due volte al mese per un tempo di preghiera, di condivisione sulla Parola della domenica, e per trattare argomenti di formazione per genitori e sposi. Almeno una volta al mese anche i figli vi partecipano. Anche i giovani dai 15-20 anni s’incontrano per un raduno appropriato per loro. Una quindicina tra giovani e adulti di questa parrocchia hanno partecipato al GMG a Sydney.

Questa presenza e accompagnamento delle famiglie sta portando i primi frutti. Il gruppo anima con il canto e i ministeri una delle Messe domenicali. Molti di loro fra adulti e giovani sono ministri della Parola o ministri straordinari dell’Eucarestia. Vi è un rapporto più sentito e armonioso fra genitori e figli, nei rapporti di coppia e nelle relazioni interculturali.

Tra le 50 comunità presenti in Italia ricordiamo due missioni particolarmente significative: al Nord e al Sud della penisola.

La presenza delle Pastorelle a Fiorenzuola d’Arda, un grosso centro della grande pianura padana, nella diocesi di Piacenza, si potrebbe raccontare modulandola su tre parole chiavi parrocchia, relazioni, cura pastorale. Fiorenzuola è una città di 13.500 abitanti che s’incontra percorrendo la Via Emilia, da Parma verso Piacenza, con una presenza di circa 2000 immigrati provenienti dal Nord Africa, dall’America Latina, dall’Europa orientale e dall’Asia. La parrocchia s. Fiorenzo, la più numerosa, ha i suoi luoghi di culto principali nell’antica collegiata e nella nuova chiesa annessa al centro pastorale, presso il quale si trova anche l’abitazione delle Pastorelle. L’impegno di sacerdoti, suore pastorelle, diaconi permanenti, operatori pastorali, tende a fare della parrocchia non un semplice contenitore o un’organizzazione di servizi religiosi, ma una comunità, una realtà di popolo, dove nessuno si senta escluso, dove tutti possano accedere alla fede cristiana, dove si promuovano le relazioni personali nella comune appartenenza alla Chiesa.

La seconda parola chiave: “relazione è declinata secondo gli orientamenti della CEI: “Per l’evangelizzazione – affermano i Vescovi italiani in “Il volto missionario della parrocchia”- è essenziale la comunicazione della fede da credente a credente, da persona a persona”. In un tempo di dispersione, solitudine e individualismo, è quanto mai necessario puntare sulle relazioni interpersonali, stabilire dei contatti, tessere dei rapporti che dicano attenzione all’altro, solidarietà, compagnia.

Le Pastorelle cercano di essere con la gente, nella festa e nella ferialità, nei luoghi della vita delle persone, secondo le diverse esigenze: come madri, come sorelle, come amiche, come donne che evangelizzano con l’umile consapevolezza di aver bisogno di essere, loro per prime, evangelizzate. Infine il termine cura, parola chiave che il 7° Capitolo generale delle Pastorelle ha ripescato con coraggio dal lessico ecclesiale e alberioniano, rilanciandola come ampia prospettiva apostolica della Congregazione e traducendola ministero di cura pastorale.

A Barletta, in una parrocchia dello splendido litorale pugliese che guarda ad Oriente, dedicata a San Giovanni apostolo ed evangelista, le Pastorelle sono state chiamate a svolgere la loro missione. Il parroco, che ha chiamato le Pastorelle così ci ha detto: “La nostra  parrocchia, di recente fondazione, è costituita da molte famiglie giovani e di conseguenza da molti fanciulli, ragazzi e giovani, bisognosi di adeguate cure pastorali. Abbiamo profuso non poche energie per avere nella Parrocchia una comunità di religiose che potesse condividere con me e con il vice parroco il ministero di cura pastorale, ma soprattutto potesse esprimere il volto materno della comunità ecclesiale, che il carisma delle Pastorelle ha come peculiare”.

E’ stata una gradevole novità per la gente della parrocchia vedere le Pastorelle insieme ai Pastori visitare le famiglie per portare la benedizione, ma anche per conoscere i nuovi arrivati, stabilire contatti in vista di altri incontri e di future collaborazioni. La presenza delle Pastorelle a Barletta custodisce anche un grande desiderio: quello di esprimere la dimensione ecumenica del loro carisma pastorale, in dialogo con la tradizione della Chiesa d’oriente.

Da oltre 40 anni le Pastorelle sono giunte in Argentina, e recentemente si sono stabilite nella Pampa, un’immensa pianura verde, il cui orizzonte si perde nell’infinito. Hanno stabilito la loro presenza a Serrano nella regione di Córdoba.

A Serrano le Suore Pastorelle, sono state chiamate chiamate per dare nuovo impulso alla formazione cristiana del popolo, non più solamente attraverso la scuola, ma tenendo presenti tutti gli aspetti della vita ecclesiale. Cercano di dare priorità all’evangelizzazione, con il coordinamento della catechesi, l’insegnamento di alcune materie teologiche nell’Istituto di Scienze religiose, allo scopo di preparare i laici anche come futuri insegnanti. La formazione dei docenti è mirata ad suscitare, trasmettere e incentivare il gusto per una cultura organica e completa, contribuendo allo sviluppo integrale della personalità. Il loro ministero vuole privilegiare la scoperta del mistero cristiano come conoscenza integra, che porta al servizio e all’amore concreto. I giovani possono così accedere a una sintesi armonica tra la fede, la cultura e la vita.

In sintesi, avendo come priorità la visita alle famiglie e l’accompagnamento personale dei giovani, cercano di rispondere alle linee pastorali della Conferenza Episcopale Argentina, che chiede ad ogni Chiesa particolare di accompagnare tutti i battezzati all’incontro con Cristo, sino alla piena maturità della fede, a fare della Chiesa la casa e la scuola della comunione e a riconoscere la Chiesa stessa come “serva” dell’umanità”.

Uno dei verbi più significativi del ministero di cura pastorale è “radunare”, raccogliere, unire insieme ciò che è disperso e disgregato. Ed è quello che da un decennio le Pastorelle stanno cercando di fare in Albania.

Di ritorno dalla sua visita in Albania, Suor Marta Finotelli, superiora generale, ci racconta: “La nostra prima presenza in questa terra dell’alba, come il nome indica, ha avuto inizio proprio nella Mirdita, a nordest, al confine con il Montenegro, in una regione montuosa e impervia. La prima impressione è che il popolo albanese appare ancora come disperso, in una realtà sociale che stenta a trovare punti di aggregazione, mentre cerca di ridefinire la sua identità storica e politica. In queste zone del Nord, a maggioranza cattolica, ma priva di presenze religiose, la nostra missione si svolge attraverso una itineranza continua per raggiungere i diversi villaggi distanti tra loro. Faticosamente tentiamo di riportare alla luce le radici della fede, abbondantemente irrorate dal sangue dei martiri ma che ora rischiano di essere soffocate dal mito della civiltà occidentale. Anche a Scutari il vescovo, ha insistito per avere una comunità di Pastorelle, e precisamente a Fermentin, in una delle zone periferiche più difficili e disperse dell’intera diocesi. Si è costituito nella zona un Centro pastorale diocesano polivalente, con lo scopo di offrire un luogo di aggregazione e di formazione a tanta gente che dalla campagna si stabilisce in città e si insedia nelle vecchie fabbriche diroccate dell’ex regime. Una situazione di faticosa convivenza sociale, ma potenzialmente aperta all’accoglienza della buona notizia dell’Evangelo”.

La superiora generale conclude ricordando anche l’impegno per il dialogo e la collaborazione con la Chiesa Ortodossa e con l’Islam e sottolinea la sua visita ai luoghi di detenzione e di martirio di molti cristiani, che nella generazione passata hanno benedetto questa terra con il loro sangue versato a causa di Cristo.

Le Pastorelle del Cile sono giunte nella parrocchia di Perquenco, della Diocesi di Temuco, che è situata nella regione dell’Araucanía, sulle colline e tra le montagne del Sud, dove si concentra la maggior parte delle comunità indigene del Cile, per svolgere la loro missione tra  i Mapuches, che in lingua nativa significa uomini della terra.

            Alle Pastorelle è chiesto di conoscere e raggiungere il maggior numero di persone e di impostare la pastorale parrocchiale nei suoi tre settori: la catechesi, la liturgia, la carità. Con la temperatura ordinariamente sotto lo zero, le Pastorelle visitano le 17 comunità rurali, accompagnando il Parroco nella celebrazione della Messa nelle diverse cappelle. Sono presenti nei diversi settori delle comunità: catechesi familiare, cresima, gruppi di preghiera, liturgia, pastorale giovanile, ministranti, ammalati e anziani.

Il parroco ci tiene a sottolineare l’importanza e l’efficacia della presenza delle suore anche per il suo cammino personale: “Per me celebrare ogni giorno l’Eucaristia insieme alle suore nelle diverse comunità è stato molto importante per condividere la vocazione pastorale. Abbiamo potuto elaborare insieme le diverse iniziative pastorali e questo mi ha aiutato a crescere come pastore. Le suore hanno condiviso con me e con la gente la loro fede: è stata una testimonianza molto grande per il nostro popolo, che apprezza molto le religiose, ma non a mai potuto averle tra loro”.

Nell’arcipelago di Palawan, un arcipelago delle Filippine, le Pastorelle sono state chiamate dal Vescovo. Inizialmente hanno operato, per cinque anni, all’estremo sud di Palawan, nelle zone minerarie dell’estrazione del nichel, in una situazione particolarmente a rischio. Nel giugno del 2005, lo stesso Vescovo le ha chiamate nella capitale, Puerto-Princesa, perché lavorassero a livello diocesano, affidando loro l’incarico della formazione dei catechisti, degli operatori della pastorale giovanile e familiare e per l‘apostolato della Vita.

Il territorio, essendo frantumato in moltissime isole, richiede il gravoso impegno di visitare le comunità isolane, che sono accessibili soltanto con delle piccole imbarcazioni e vengono raggiunte solo se le condizioni del mare lo permettono. Poi ci sono le comunità costiere, che si affacciano sulle coste e sono più accessibili, e quelle all’interno delle isole più grandi, che si trovano nella profondità delle foreste. Tutto questo rende molto impegnativo il lavoro di formazione e di cura della vita spirituale dei cristiani a cui si dedicano le tre suore Pastorelle, che lavorano prevalentemente a Puerto-Princesa ma si spostano continuamente per svolgere il loro ministero di istruzione, formazione e santificazione cristiana, secondo l’originario compito affidato loro dal beato Fondatore, don Giacomo Alberione.

In Corea del Sud le Pastorelle sono presenti da 25 anni, a servizio di 6 comunità parrocchiali. La grande sfida pastorale in Corea rimane la catechesi e la mistagogia per coloro che chiedono di entrare nella Chiesa cattolica e dopo il battesimo hanno bisogno di continuare il loro cammino di fede sostenuti dall’accompagnamento spirituale. Le sorelle hanno bisogno di una seria preparazione teologica e spirituale per poter prendersi cura di chi, culturalmente preparato, ha però bisogno di crescere nelle fede e maturare una autentica mentalità cristiana.

In Africa sono andate per la prima volta alla vigilia del grande giubileo del 2000, ed operano in due nazioni diverse: in Mozambico all’estremo nord, a Capo Delgado, nella diocesi di Pemba, e in Gabon nella diocesi di Franceville, esattamente in una zona interna nella foresta equatoriale, a Lastourville  non molto lontano da Lambarenè dove ha operato per tanti anni il dott. Albert Schweitzer. Recentemente si sono spostate nella capitale Libreville per dare la possibilità di studio alle giovani che chiedono di diventare Pastorelle. In Africa le Pastorelle si prendono cura del popolo di Dio in molti modi, tenendo conto anche delle necessità legate alla salute e alla possibilità di lavoro per i giovani e le famiglie. Ma la loro maggiore cura è sempre per la formazione cristiana e per il cammino di fede delle comunità parrocchiali.

Dopo 70 anni, con la loro presenza in 16 nazioni, le Pastorelle, cercano di essere, con segni piccoli ma coraggiosi, quel volto amorevole del Pastore Gesù che si prende cura di tutti."

 

a cura di sr Giuseppina Alberghina sjbp

In: L'Osservatore Romano, n. 229, mercoledì 1 ottobre 2008, p. 6