Note |
(*) Ringrazio il p. B. Proietti per l’aiuto nella stesura delle note e nella ricerca bibliografica.
(1) Cf. le rassegne della stampa italiana: Adista nn. 71-73.76-77.81.83.90 (1988); Giovanni Paolo II, La dignità della donna. Testo integrale della lettera apostolica «Mulieris dignitatem» con i commenti di autori vari, a cura di M. Ubaldi, Ecclesia: Studi, Ricerche, Documenti di Vita Ecclesiale 5 (Roma (1988); G. Gironés, Contentano a la «Mulieris dignitatem»: Anales Valentinos 14 (1988) 239-249; D. Lucarelli, «Mulieris dignitatem»: Rassegna di Teologia 29 (1988) 513-526; Profezia della donna. Lettera apostolica «Mulieris dignitatem». Testo e commenti, a cura di S. Maggiolini (Roma 1988); Il tempo della donna. Sulla lettera apostolica di Giovanni Paolo II «Mulieris dignitatem». Introduzione del card. J. Ratzinger, commento di E. Gòssmann, Giornale di Teologia 195 (Brescia 1990); D. Tettamanzi, Grandi cose ha fatto in me l’Onnipotente. Meditando con il Papa la «Mulieris dignitatem» (Milano 1988); P. Vanzan, «Mulieris dignitatem»: reazioni, contenuti e prospettive: CivCatt 139 (1988 IV) 250-260; AA.VV., Dignità e vocazione della donna. Per una lettura della «Mulieris dignitatem». Testo e commenti, Quaderni de «L’Osservatore Romano» 9 (Città del Vaticano 1989); AA.VV., La dignità della donna e la sua vocazione nella Chiesa e nel mondo. Per una lettura della «Mulieris dignitatem»: Presenza Pastorale 59 (1989) 1-93; AA.VV., La dignità della donna, Nuova Minima 4 (Roma 1989); G. Aceti, L’impatto della «Mulieris dignitatem» con il mondo odierno: VP 72 (1989) 2-10; M.T. Bellenzier, La «Mulieris dignitatem» e la realtà femminile attuale: Aggiornamenti Sociali 40 (1989) 119-130; J. Burggraf, Una contemplazione essenziale dell’immagine cristiana della donna: la lettera apostolica «Mulieris dignitatem»: Annales Theologici 3 (1989) 3-33; P. Coda, Teologia e antropologia nella «Mulieris dignitatem»: Nuova Umanità n. 61 (1989) 2-29; l’intero fascicolo di Consacrazione e Servizio n. 3 (1989); Essere donna. Studi sulla lettera apostolica «Mulieris dignitatem» di Giovanni Paolo II, a cura di M. Toso (Leumann/Torino 1989); P. Gallegos, La mujer es también una persona: CTom 116 (1989) 553-572; E. Garcia Alvarez, Ser mujer ahora. Glosa crítica a «Mulieris dignitatem» de ]uan Pablo II: Ibid. 535-552; M. Magrassi, Dignità e vocazione della donna. Una lettura della «Mulieris dignitatem»: Se tu conoscessi il dono di Dio. Il carisma della donna nella storia, Quaderni dell’Istituto di Scienze Religiose, Diocesi Conversano-Monopoli 2 (Noci/Bari 1989) 57-69; G. Mattai, Nuovo discorso sulla donna nella lettera apostolica «Mulieris dignitatem»: Asp. 36 (1989) 69-79; La «Mulieris dignitatem»: il progetto di Dio appella una nuova autocoscienza femminile: Rivista di Scienze dell’Educazione 27 (1989) 11-47 (con interventi di M. Farina: Approccio teologico-fondamentale 11-25; H.F.M. Ko: Approccio biblico-teologico 25-34; A. Deleidi: Approccio mariologico 35-45); M.P. Manello, Una valorizzazione catechetica della «Mulieris dignitatem»: Ibid. 49-66; G. Stickler, Donna e madre tra sacrificio e desiderio di realizzazione: Ibid. 67-84; E. Marchisa, Identità e vocazione della donna nella «Mulieris dignitatem». Ragione e fede a confronto: Ibid. 339-363; G. Piana, Identità dell’umano e specificità della donna. Una lettura della «Mulieris dignitatem»: RCI 70 (1989) 95-103. Per le abbreviazioni dei titoli delle riviste, enciclopedie, collane, ecc. seguiamo il Theologische Realenzyklopädie. Abkürzungsverzeichnis, zusammengestellt von S. Schwertner (Berlin - New York 1976). Quelli non registrati sono scritti per intero.
(2) «Collaboriamo con i pastori in comunione di responsabilità nella complementarietà dei doni, in clima di stima e di fiducia reciproca, in condivisione di intenti e di iniziative volte a suscitare nella comunità cristiana nuove collaborazioni a servizio della comunione ecclesiale» (Suore di Gesù buon Pastore, Regola di vita, art. 11, Roma 1984).
(3) Malgrado l’invito della Sebastiani («smettiamo di dire "diaconessa". Il termine giusto è diacona. E il suffisso in -essa..., che vuole evidenziare l’anomalia del femminile, ha una carica spregiativa»: L. Sebastiani, La condizione delle donne nella Chiesa: linee di evoluzione storica: Passaggi 2, 1989, 75) continuerò a usare il tradito «diaconessa». Non bisogna fare di ogni erba un fascio: nel caso in questione c’è di mezzo l’ascendente greco-latino diaconissa e non «una carica spregiativa»! Sulla questione linguistica, innegabile però, cf. L. Lanzarini, Il linguaggio sessista e la «Religione di lui»: Ibid. 18-39 (sul suffisso in -essa in particolare: 27-28); AA.VV., Donne e linguaggio: contestazioni, prospettive e piste di ricerca. Atti dell’incontro di studio promosso dal Gruppo Promozione Donna e dal Centro di Cultura G. Puecher, Milano 24-25 Maggio 1986 (Milano 1987).
(4) Vita II, 7-9 (le cifre arabe indicano le linee del testo critico della Malingrey, cf. nota seguente): Malingrey, Jean Chrysostome 410; Delehaye 411 (cf. nota seguente).
(5) Per le fonti, cf. Giovanni Crisostomo, Epistulae ad Olympiadem 1-17: A.M. Malingrey, Jean Chrysostome, Lettres à Olympias. Seconde édition augmentée de la Vie anonyme d’Olympias, introduction, texte critique, traduction et notes, SC 13bis (Paris 1968) [abbreviato: Malingrey, Jean Chrysostome]; la stessa studiosa, cui siamo grandemente debitrici nella stesura di questo articolo, aveva in precedenza pubblicato una versione delle Lettere, preceduta da una sostanziosa introduzione: Jean Chrysostome, Lettres à Olympias, introduction et traduction, SC 13 (Paris 1947); la traduzione italiana è di R. Callegari, Giovanni Crisostomo, Dall’esilio. Lettere, presentazione F.M. Pontani (Milano 1976) [ = PG 52, 549-623]. Palladio, Dialogus de vita Iohannis Chrysostomi X, 50-67; XVI, 179-324; XVII, 131-205 (anche qui le cifre arabe indicano le linee del testo critico della Malingrey): Palladios, Dialogue sur la vie de Jean Chrysostome. Tome I, introduction, texte critique, traduction et notes par A.-M. Malingrey avec la collaboration de P. Leclercq, SC 341 (Paris 1988) 206-208.318-330.342-348 (= PG 47, 35.56-58.60-61). Palladio, Historia Lausiaca 56; 61,3: Palladio, La Storia Lausiaca, introduzione di C. Mohrmann, testo critico e commento a cura di G.J.M. Bartelink, traduzione di M. Barchiesi, Vite dei Santi 2 (Milano 1974) 252.266 ( = c. 144: PG 34, 1244D-1250B — testo della recensione lunga o B —; c. 119: Ibid. 1228B-C). Vita Sanctae Olympiadis di autore ignoto: cf. sopra Malingrey, Jean Chrysostome 393-449; cf. pure (H. Delehaye), Vita Sanctae Olympiadis et Narratio Sergiae de eiusdem translatione: AnBoll 15 (1896) 400-423 (la Narratio Sergiae è stata pubblicata in AnBoll 16, 1897, 44-51). Sozomeno, Historia ecclesiastica VIII, 9,1-3; 24,4-7; 27,8: GCS 50, ed. J. Bidez — G.C. Hansen (Berlin 1960), 361-362.382.388 (= PG 67.1537C-1540A.1577C-1580A.1592A). Niceforo Callisto, Historia ecclesiastica XIII, 24: PG 146, 1009-1013.
(6) Cf. Rm 16,1; 1Tm 3,11; cf. anche Fil 1,1. Su questi passi, cf. G. Lohfink, Weibliche Diakone im Neuen Testament: G. Dautzenberg — H. Merklein — K. Mùller (Hg.), Die Frau im Urchristentum, QD 95 (Freiburg-Basel-Wien 1983) 320-338; L. Schottroff, Wie berechtigt ist die feministische Kritik an Paulus? Paulus und die Frauen in den ersten christlichen Gemeinden im Römischen Reich: Einwürfe 2 (1985) 94-111; per una diversa interpretazione, cf. D.C. Arichea Jr., Wbo was Phoebe? Translating Diakonos in Romans 16,1: BiTr 39 (1988) 401-415; K. Romaniuk, Was Phoebe in Romans 16,1 a Deaconess?: ZNW 81 (1990) 132-134; per FU 1, 1 in particolare, cf. V. Abrahamsen, Women at Philippi: The Pagan and Christian Evidence: Journal of Feminist Studies in Religion n. 2 (1987) 17-30. Di 1Tm 3,11, testo assai discusso, è interessante l’interpretazione del Crisostomo, comune peraltro ai Padri greci: «"Allo stesso modo le donne — sta parlando delle diaconesse — siano dignitose, non pettegole (i manoscritti del Crisostomo: non doppie nel parlare), sobrie, fedeli in tutto". Alcuni affermano che queste parole riguardano le donne senza distinzione. Non è così. Perché, infatti, avrebbe voluto inserire tra quanto detto qualità riguardanti le donne? Sta parlando invece di coloro che sono rivestite della dignità di diaconesse» (Giovanni Crisostomo, In Epist. I ad Tm 11,1: PG 62,553).
(7) Sulle «diaconesse» nella Chiesa latina, piuttosto allergica alla loro presenza, cf. M.-J. Aubert, Il diaconato alle donne? Un nuovo cammino per la Chiesa, prefazione di R. Pernoud (Cinisello Balsamo/Milano 1989) 129-140. L’edizione italiana avrebbe potuto risparmiarsi l’interrogativo del titolo, assente nell’originale francese!
(8) Did. Ap. III, 12,1-4: Didascalia et Constitutiones Apostolorum, ed. F.X. Funk, vol. 1 (Paderbornae 1905) 208-210; cf. pure Constitutiones Apostolorum III,16,1-2: Ibid. 209. La traduzione è di C. Vagaggini, L’ordinazione 149-150 (cf. sotto nota 12).
(9) Callegari, Giovanni Crisostomo 41.
(10) Un identico protocollo epistolare, adattato quanto al genere e con il nome del mittente, Giovanni, privo del titolo di «vescovo», lo si legge anche nella prima lettera del Crisostomo al papa Innocenzo I (cf. Giovanni Crisostomo, Epist. I ad lnnocentium Papam: PG 52,529-530).
(11) Cf. Ed. H. Savile, vol. 7 (Etonae 1612) 51 [nella praescriptio in questione il nome Giovanni è pure senza il titolo di «vescovo»]; ed. Fronton du Due, t. 4 (Moguntiae 1701) 604; ed. B. de Montfaucon, t. 3 (Parisiis 1835) 634; ed. J.P. Migne (Parisiis 1862): PG 52,549-550. L’ordine suddetto risale a J. de Billy, abate di S. Michele nel deserto, traduttore latino della corrispondenza crisostomiana (cf. Malingrey, Jean Chrysostome 95). La Malingrey lo prepone alla lettera 11 delle antiche edizioni, da lei ritenuta la prima delle attuali 17 (cf. Malingrey, o.c. 106-107 e nota 1). Anche la Callegari, che, come nota il Pontani nella sua presentazione, offre — ma senza giustificarla, aggiungiamo noi — «una successione nuova, nell’intento di delineare un ordinamento cronologico più attendibile di quello della Patrologia, sia pure soltanto come ipotesi di lettura, date le numerose incertezze di datazione» (Callegari, Giovanni Crisostomo 15), lo colloca in testa alla stessa lettera 11, prima anche per lei delle lettere indirizzate a Olimpiade (cf. Callegari, o.c, 41). Sulla cronologia delle lettere, cf. G. Bardy, La chronologie des lettres de saint Jean Chrysostome à Olympias: MSR 2 (1945) 271-284; Malingrey, Jean Chrysostome 95-98.
(12) Delle diaconesse gli studiosi discutono in particolare la sacramentalità della loro ordinazione e le loro funzioni ecclesiali. Se per il Vagaggini la loro è un’autentica ordinazione sacramentale (cf. C. Vagaggini, L’ordinazione delle diaconesse nella tradizione greca e bizantina: OrChrP 40,1974, 145-189; L’ordinazione delle diaconesse nella tradizione bizantina: VM nn. 172-173, 1988, 50-54; Le diaconesse nella tradizione bizantina: Regno-Doc n. 21, 1987, 672-673: si tratta di un appunto per i Padri del Sinodo del 1987), categorico è il no, carico di erudizione, del Martimort (cf. A.G. Martimort, Les diaconesses. Essai historique, BEL Subsidia 24, Roma 1982; À propos des ministères féminins dans l’Église: BLE 74, 1973, 103-108). Nell’interpretazione delle fonti faccio mio quanto afferma con acutezza la Militello: «Permangono incertezze sul termine diaconessa nella Chiesa antica, ma tali incertezze non riguardano soltanto il ministero femminile, ma piuttosto tutto il lessico ministeriale nel trapasso dall’età apostolica all’età patristica. Ci si spieghi perché malgrado sia dimostrata l’illegittima connessione, si insista tanto sulla continuità dei "diaconi" con i 7 di At 6 e viceversa si neghi la medesima logica di continuità con il termine designante Febe in Rm 16,1-2. Far ricorso a tanta cultura — il riferimento, aggiungo per chiarire, è in particolare all’opera del Martimort — solo per il ministero femminile è pregiudizio. Se si vuole essere obiettivi occorre piuttosto riconoscere che con comprensibile difficoltà nel passaggio dall’età apostolica all’età dei Padri il ministero si struttura nella terna che ben conosciamo. Motivi di tipo culturale e non, determinano la non significanza del diaconato femminile assai prima di quella del diaconato maschile, che sopravvive, è inutile negarlo, solo formalmente perché ritenuto gradino necessario per l’accesso al presbiterato. Se, senza archeologismi, bisogna reinventare (e le difficoltà sono reali) il diaconato maschile, ciò è assai più semplice per il diaconato femminile. Dietro la dotta disputa sulla pregnanza tecnica e sacramentale della cheirotonia sta, lo ripetiamo, il pregiudizio antidonna, il voler negare per lei gli esiti ultimi del sacerdozio regale che con il battesimo e la confermazione le è stato conferito» (Militello, Donna e Chiesa 24 nota 7: cf. bibl). Sulla discussione in atto, cf. anche R. Gryson, Il ministero della donna nella Chiesa antica. Un problema attuale nelle sue radici storiche (Roma 1974,: con buona bibliografia; ID., L’ordination des diaconesses d’après les «Constitutions Apostoliques»: MSR 31 (1974) 41-45; M.L. Petrazzini, La diakonia della donna nella Chiesa: RivLi 60 (1973) 341-359 e 512-532; G. Ferrari, Le diaconesse nella tradizione orientale: OrCr (P) 14 (1974) 28-50; C. Marucci, La donna e i ministeri nella Bibbia e nella tradizione: Rassegna di Teologia 17 (1976) 273-296 e 384-403; E. Theodorou, Das Amt der Diakoninnen in der kirchlichen Tradition. Ein orthodoxer Beitrag zum Problem der Frauenordination: US 33 (1978) 162-172; ID., L’institution des diaconesses dans l’Eglise orthodoxe et la possibilité de sa rénovation: Contacts 41 (1989) 124-144 (l’autore riassume un po’ i risultati della sua tesi, pubblicata anni fa in greco sulla rivista Theologhia 25, 1954, 430-469; 576-601; 26, 1955, 57-76); M.B. Stritzky, Der Dienst der Frau in der alten Kirche: LJ 28 (1978) 136-154; A.M. Tortras, ¿Mujeres presbítero o mujeres diácono? Apuntes para una ordenación de la mujer: EE 55 (1980) 355-368; K. Karidoyanes Fitzgerald, The Characteristic and Nature of the Order of the Deaconess: T. Hopko (Ed.,), Women and the Priesthood (Crestwood, New York 1983) 75-95; R. Goldie, Donna: Nuovo Dizionario di Liturgia, a cura di D. Sartore e A.M. Triacca (Roma 1984) 399-400; H. Frohnhofen, Diaconesse nella Chiesa primitiva: Hum (B) 41 (1986) 677-690 [originale in tedesco: StZ 204 (1986) 269-278]; Aubert, Il diaconato 68-140; E. Behr-Sigel, Le ministère de la femme dans l’Eglise, préface du Métropolite A. de Souroge, Théologies (Paris 1987) 179-184; M. Guerra Gómez, El sacerdocio femenino (en las religiones greco-romanas y en el cristianismo de los primeros siglos) (Toledo 1987) 420-441; S. Heine, Diakoninnen — Frauen und Ämter in den ersten christlichen Jahrhunderten: IKZ 78 (1988) 213-227.
(13) B.H. Vandenberghe, Introduction à S. Jean Chrysostome, Le livre de l’espérance (lettres à Olympias), traduction de A.-M. Malingrey, Les Écrits des Saints (Namur 1957) 19.
(14) Cosi Janin, Olimpia 1154. La Malingrey, che nella prima edizione delle Lettres à Olympias (Paris 1947) 8, seguendo il Tillemont (Mémoires 416.635-636), accettava come data «verso il 368», nella seconda più prudentemente propende per gli anni «tra il 360 e il 370», rimandando in nota a Bousquet, Vie d’Olympias 226, che, a essere precisi, scrive: «era nata al più presto nel 361...» (cf. Malingrey, Jean Chrysostome 14-15 e nota 1).
(15) «Era figlia — scrive Palladio — di Seleuco, già comes, nipote dell’ex prefetto Ablavio, e fu sposa per pochi giorni di Nebridio, che era stato prefetto della città» (Palladio, Hist. Laus. 56,1: Mohrmann-Barteunk-Barchiesi 253 [= e. 144: PG 34,1244 D]; Vita II, 1-4: Malingrey, ]ean Chrysostome 408-410; Delehaye 410).
(16) Seleuco, padre di Olimpia, era «probabilmente» suo figlio (cf. A.H.M. Jones — J.R. Martindale — J. Morris, The Prosopography of the Later Roma» Empire. Vol. 1: A.D. 260-395, Cambridge 1971, 818 e 4) [Abbreviato in PIRE I. È anche possibile che Ablavio fosse il nonno materno (cf. Malingrey, Jean Chrysostome 14).
(17) Libanio, Or XLII, 23: Libami Opera. Vol. III: Orationes XXVI-L, recensuit R. Foerster, editio stereotypa (Hildesheim 1963) 318, 5.
(18) Almeno stando alla notizia del filosofo neoplatonico Eunapio, Vitae Sophistarum VI, 3, 1, ed. J. Giangrande (Romae 1956) 21,1-3, che, come è noto, l’odiava cordialmente. Per una origine «illustre» — ma l’autore non rimanda ad alcuna fonte —, cf. C. Pietri, Esquisse de conclusion. L’aristocratie chrétienne entre Jean de Constantinople et Augustin d’Hippone: Jean Chrysostome et Augustin. Actes du colloque de Chantilly 22-24 septembre 1974, édités par C. Kannengiesser, ThH 35 (Paris 1975) 291 nota 12.
(19) Console nel 331 e prefetto del pretorio tra il 329 e il 337 (cf. PLRE I, 3-4; R. von Haehling, Die Religionszugehörigkeit der hoben Amtsträger des Römischen Reiches seit Constantins I. Alleinherrschaft bis zum Ende der Theodosianischen Dynastie (324-450 bzw. 455 n. Cbr), Antiquitas, Reihe III/23 (Bonn 1978) 57.
(20) A.H.M. Jones, II tramonto del mondo antico, Collezione Storica (Bari 1972) 75.
(21) Cf. Eusebio di Cesarea, De vita Constantini IV, 68, 2: Eusebius Werke I/1: Über das Leben des Kaisers Konstantin, hg. von F. Winkelmann, GCS 1/1 (Berlin 1975) 148,26-27 [ = PG 20.1224B]; Zosimo, Historia Nova II, 40: Zosime, Histoire nouvelle. Tome I (livres I et II), texte établi et traduit par F. Paschoud, CUFr (Paris 1971) 112-113. Alla sua uccisione non fu forse estraneo l’imperatore Costanzo, l’unico dei tre fratelli presente in quel momento nella capitale. Sulle possibili cause dell’esecuzione di Ablavio e sul probabile mandante, cf. A. Olivetti, Sulle stragi di Costantinopoli succedute alla morte di Costantino il Grande: RFIC 43 (1915) 67-79; X. Lucien-Brun, Constance II et le massacre des princes: BAGB n. 4 (1973) 585-602; J.W. Leedom, Constantius II: Three Revisions: Byz 48 (1978) 132-145, per il nostro tema: 132-136.
(22) Le fonti non concordano nel tramandarne il nome: oltre a quello di Seleuco, il più probabile, fanno i nomi di Secondo e Anisio (cf. Malingrey, Jean Chrysostome 14 nota 2). Della difficoltà di lettura dei pochi dati disponibili sulla famiglia di Olimpiade è sintomatico il commento su Seleuco del Bartelink: «ci è sconosciuto» (Mohrmann-Bartelink-Barchiesi 390).
(23) «Ora invece — l’elogia il retore Libanio — altari, luoghi sacri agli dèi, statue vengono da te onorati e onorano te e la tua stirpe» (Libanio, Ep 770,2: Foerster, Vol. X: Epistulae 1-839, 694,2-3). Che Seleuco, pagano, fosse figlio di un cristiano e padre di una cristiana fervente come Olimpiade, non era poi tanto strano in quei tempi (cf. Haehling, Die Religionszugehörigkeit 29). Forse era ritornato alla fede pagana con Giuliano (cf. Piétri, Esquisse 291 nota 12). Un’allusione al paganesimo dei genitori di Olimpiade può cogliersi forse in queste parole del Crisostomo: «Tutto ciò — sta magnificando l’ascetismo di Olimpiade —, già di per sé, è mirabile e sbalorditivo; se si tien conto poi delle particolari condizioni (l’età giovanissima... la diserzione dell’anima da una famiglia empia alla verità...) che vasti mari di prodigi non si spalancherebbero...» (Giovanni Crisostomo, Ep VIII, 5c: Malingrey, Jean Chrysostome 176-178; Callegari, Giovanni Crisostomo 109-110; la sottolineatura è nostra) [= Ep II, 5: PG 52,561].
(24) È lo stesso Giuliano a chiamarlo, in una lettera alla sacerdotessa Teodora, «il mio amico Seleuco» (Giuliano, Ep 86: L’empereur Julien, Œuvres complètes. Tome I - 2e partie: Lettres et fragments, texte revu et traduit par J. Bidez, 2e édition, CUFr, Paris 1960, 148, 6).
(25) Verso il 353 (cf. PLRE I, 818).
(26) «O forse governatore di una provincia» (PLRE I, 818; cf. anche O. Seeck, Die Briefe des Libanius zeitlich geordnet, TU NF XV/1-2, Leipzig 1906, 273).
(27) Se fu comes a titolo onorifico o con un incarico nell’amministrazione dell’impero, per l’appunto il sommo sacerdozio di Cilicia (cf. Seeck, Die Briefe 273), non è possibile deciderlo, essendo insufficienti le allusioni di Libanio al riguardo (cf. Libanio, Ep 770: Foerster, Voi. X, 693-694).
(28) Cf. Seeck, Die Briefe 273; PLRE I, 819.
(29)Cf. PLRE I, 819.
(30) Cf. Ammiano Marcellino, Res Gestae XX, 11, 3: Ammiani Marcellini Rerum Gestarum libri qui supersunt. Vol. I: libri XIV-XXV, ed. W. Seifarth, adiuvantibus L. Jacob-Karau et I. Ulmann (Leipzig 1978) 206.
(31) Sulla madre, Alessandra, di Antiochia, donna colta e assai in vista nella società antiochena, sorella del grammatico Calliopo, avvocato e poi magister epistolarum sotto Teodosio e Arcadio (cf. Seeck, Die Briefe 103), cf. lo stesso Seeck, o.c. 56. È pure possibile che il Seleuco padre di Olimpiade sia diverso dal Seleuco marito di Alessandria (cf. PLRE 7, 818).
(32) Cf. Palladio, Dialogus XVII, 134: Malingrey-Leclercq, Dialogue 342 (= PG 47,60); Vita II, 9: Malingrey, Jean Chtysostome 410; Delehaye 411.
(33) Secondo una delle possibili identificazioni e tenendo conto del contesto della legge (cf. Seeck, Die Briefe 247) del Cod. Iust. XII, 1, 11 (cf. Corpus Iuris Civilis Vol. II: Codex Iustinianus, recognovit et retractavit P. Krüger, editio undecima lucis ope expressa, Berolini 1954, 453). Nelle tre lettere — 128.129.130 — indirizzate da Gregorio di Nazianzo certamente a un Procopio, costui nella prima, la 128, «viene descritto come uno dei megáloi. Era quindi con molta probabilità un importante senatore di Costantinopoli» (PLRE I, 744). Nelle altre due, la 129 e 130, il Procopio in questione «sembra essere vicino a Gregorio; è verosimilmente un magistrato di Cappadocia, che con grande probabilità non va identificato con il destinatario della lettera 128» (P. Gallay, Saint Grégoire de Nazianze, Lettres. Tome II, texte établi et traduit, CUFr, Paris 1967, 152 e 19 nota 2). Sia Seeck, Die Briefe 247, sia PLRE I, 744 propongono diverse identificazioni di questo Procopio, tutte altamente ipotetiche. La presenza di un «tutore» era più che necessaria, se si pensa che «le orfane e le vedove di ricca condizione, prive di tutela giuridica, erano esposte al pericolo del ratto e spesso insidiate dai magistrati locali che volevano indurle al matrimonio» (M. Forlin Patrucco, Aspetti di vita familiare nel IV secolo negli scritti dei padri cappadoci: AA.W., Etica sessuale e matrimonio nel cristianesimo delle origini, a cura di R. Cantalamessa, Studia Patristica Mediolanensia 5, Milano 1976, 177).
(34) Anche Anfilochio, grande amico dei tre Cappadoci, nei suoi Giambi a Seleuco, scritti probabilmente poco dopo il 381, manda saluti a Olimpiade e ne tesse una lode che dice molto sulla stima che nutriva per lei. «Saluta — dice al giovane Seleuco al termine del poemetto — Olimpiade, tua zia, un’immagine vivente di dignità, castità e vita devota, un sigillo della fede» (Anfilochio di Iconio, Iambi ad Seleucum, w. 335-337: Amphilochii Iconiensis, Iambi ad Seleucum, ed. E. Oberg, PTS 9, Berlin 1969, 40). Alcuni anni dopo l’autore ha pubblicato una nuova edizione con alcune modifiche, provvista di introduzione, traduzione e note, cf. E. Oberg, Das Lehrgedicht des Amphilochios von Ikonion: JAC 16 (1973) 67-97; il nostro testo, che in questa edizione chiude il poemetto, è a p. 96 (= PG 37, 1599-1600: tra le opere di Gregorio di Nazianzo).
(35) Cf. Gregorio di Nazianzo, Carm II, 2,6 (Ad Olympiadem), vv. 100-102: PG 37,1549-1550. Che tempra di donna cristiana fosse Teodosia, «che va annoverata tra le donne molto colte di questo periodo» (Malingrey, Jean Chrysostome 15), ce lo testimoniano le espressioni assai elogiative nei suoi confronti che il Nazianzeno rivolge a Olimpiade: «Essa ti sia un esempio vivo in ogni parola e in ogni azione» (Gregorio di Nazianzo, Ad Olympiadem, vv. 97-98: PG 37,1549). Per completezza menzioniamo l’ipotesi, per nulla convincente, del Bonis (Mpónēs), che fa di Teodosia, la madre di Olimpiade e di Olimpiade la madre di Seleuco Junior (cf. K.G. Bonis, Perì tēs mētrós tēs aghías Olympiádos: Atti dell’VIII Congresso internazionale di Studi Bizantini, Palermo aprile 1951, vol. II, SBNE 8, Roma 1953, 3-10). Fortemente critico nei suoi riguardi, e non si può non esserlo, H.M. Werhahn: Byz 47 (1954) 414-418, a cui replicò ancora il Bonis sulla stessa rivista l’anno dopo: Byz 48 (1955) 211-212. Degna di attenzione, invece, ci sembra l’ipotesi di Bernardi: Teodosia, cugina di Gregorio di Nazianzo, sarebbe la moglie del fratello maggiore di Olimpiade e in quanto tale era la più indicata a prendersi cura della piccola orfana (cf. J. Bernardi, Nouvelles perspectives sur la famille de Grégoire de Nazianze: VigChr 38, 1984, 355).
(36) Lo lascerebbe intravedere il modo in cui le parla: «Figlia mia, io, Gregorio, ti do per compagno una guida preziosa; i consigli di un padre sono i migliori» (Gregorio di Nazianzo, Ad Olympiadem, vv. 1-2: PG 37,1542).
(37) Cf. Tillemont, Mémoires 417 e 635; Janin, Olimpia 1154; Malingrey, Jean Chrysostome 15; PLRE I, 642; M.-M. Hauser-Meury, Prosopographie zu den Schriften Gregors von Nazianz, Theoph 13 (Bonn 1960) 136.
(38) Nella lettera 193 Gregorio si scusa con il destinatario per non aver potuto partecipare, a causa della gotta che l’affliggeva, alle nozze «di questo tesoro di Olimpiade, della tua Olimpiade», lo assicura della sua presenza spirituale e augura il meglio alla giovane coppia. Nella 194 sempre Gregorio si congratula con lo stesso destinatario — Vitaliano — per le nozze di una seconda figlia, si scusa di nuovo per non essere stato presente, l’esorta una volta liberato da ogni legame, a darsi pienamente alle cose «di lassù» e invia preghiere come dono di nozze (cf. Gregorio di Nazianzo, Ep 193-194: Gallay, Saint Grégoire II, 84-85).
(39) P. Gallay, Gregor von Nazianz, Briefe, GCS 53 (Berlin 1969) XXXIV; cf. anche ID., Saint Grégoire II, 163.
(40) Sarebbe il destinatario delle lettere 193-194.
(41) Concorda con il Gallay M. Wittig, Gregor von Nazianz, Briefe, eingeleitet, übersetzt und mit Anmerkungen versehen, BGrL 13 (Stuttgart 1981) 196-197 e 256 nota 389. Anche per il Wittig l’identificazione dell’Olimpiade della lettera 193 e del carme del Nazianzeno con l’Olimpiade di Costantinopoli fa difficoltà, ma quali e perché non lo dice neppure lui. Non vede queste difficoltà Bernardi, che, pur accettando la correzione del destinatario delle lettere 193-194, continua a considerare Teodosia e Gregorio di Nazianzo in stretto rapporto con la nostra Olimpiade (cf. Bernardi, Nouvelles perspectives 352-359).
(42) Cf., tra i vari brani che si potrebbero citare, Giovanni Crisostomo, Ep VIII, 4c-6a: Malingrey, Jean Chrysostome 174-180 ( = Ep II, 4-6: PG 52,560-562). Vi si leggono espressioni tipo «dalla più tenera età» (VIII, 4c), «sin dall’inizio» (VIII, 5a), «l’età giovanissima» (VIII, 5c): Callegari, Giovanni Crisostomo 109-110.
(43) Gregorio di Nazianzo, Ad Olympiadem, vv. 9-10: PG 37,1543.
(44) Cf. Giovanni Crisostomo, Ep VIII, 6a: Malingrey, Jean Chrysostome 178-180 ( = Ep II, 6: PG 52,561-562).
(45) Malingrey, o.c. 15. La Bibbia fu mezzo di educazione non solo per le donne ma per tutti i cristiani. «Come la paideia greca — ha scritto bellamente Jaeger — consisteva nell’intero corpus della letteratura greca, così la paideia cristiana è la Bibbia... La formazione dell’uomo cristiano, la sua mórphosis, è l’effetto del suo studio incessante della Bibbia» (W. Jaeger, Cristianesimo primitivo e Paideia greca, con una bibliografia degli scritti di W. Jaeger a cura di H. Bloch, Strumenti 12, Firenze 1974 ristampa anastatica, 118-119).
(46) Vita I, 27-28: Malingrey, Jean Chrysostome 408; Delehaye 410. Sempre la Vita II, 6-7 (Malingrey, Jean Chrysostome 410; Delehaye 411) sintetizza in questi termini la sua familiarità con la Scrittura: «Avendo trascorso la sua vita con la divina Parola», dove «trascorrere la vita con» è alla lettera «farsi, diventare compagna di vita di».
(47) «Alla venerabilissima Olimpiade Gregorio, vescovo di Nissa, invia saluti nel Signore. Ho accettato, perché si addiceva alla tua santa vita e alla tua pura anima, di studiare il Cantico dei Cantici, come tu mi avevi imposto, sia parlandomene a voce sia per lettera,... Per questo motivo ho accolto con piacere l’idea di dedicarmi a tale soggetto, non tanto perché pensassi di arrecare qualche vantaggio al tuo carattere...» (Gregorio di Nissa, In Canticum Canticorum homiliae, Prologus: Gregorii Nysseni Opera VI: In Canticum Canticorum, ed. H. Langerbeck, Leiden 1960, 3, 1-4 e 4, 2-3; per la traduzione, cf. Gregorio di Nissa, Omelie sul Cantico dei Cantici, introduzione, traduzione e note a cura di C. Moreschini, Collana di Testi Patristici 72, Roma 1988, 31) [= PG 44.756A]. Daniélou ritiene che «si possa supporre che (le Omelie) siano state pronunciate alla comunità di donne che Olimpiade aveva radunato attorno a sé a Costantinopoli» (J. Daniélou, La chronologie des œuvres de Grégoire de Nysse: Studia Patristica, vol. VII. Papers Presented to the Fourth International Conference on Patristic Studies held at Christ Church, Oxford, 1963. Part I, editiones, critica, philologica, biblica, edited by F.L. Cross, TU 92, Berlin 1966, 168); «ma siccome Gregorio parla di omelie tenute in chiesa, è più logico pensare alla Chiesa di Nissa, anche se il vero destinatario di esse è, piuttosto, la colta ed educata Olimpiade, che non la gente del posto. Nella Chiesa di Nissa, comunque, dovevano essere presenti anche i monaci del convento a cui Gregorio era preposto» (Moreschini, Gregorio di Nissa 14-15).
(48) Palladio, Hist. Laus. 56, 1: Mohrmann-Bartelink-Barchiesi 253 (= e. 144: PG 34,1244D). Che Olimpiade segua le orme di Melania Seniore e non di Silvania, è una questione risolta da tempo (cf. P. Devos, Silvie la sainte pèlerine: An-Boll 91, 1973, 105 e nota 4.108-110); non sembra essersene accorta la Albrecht nel suo peraltro ottimo studio (cf. R. Albrecht, Das Leben der heiligen Makrina auf dem Hintergrund der Thekla-Traditionen. Studien zu den Ursprüngen des weiblichen Mönchtums im 4. Jahrhundert in Kleinasien, FKDG 38, Göttingen 1986, 412 nota 504).
(49) Cf. Palladio, Hist. Laus. 46.54-55: Mohrmann-Bartelink-Barchiesi 220-224.244-252 (= cc. 117-118 e 142-143: PG 34,1220D-1227.1244).
(50) Sull’argomento, cf. E.D. Hunt, Palladius of Helonopolis. A Party and its Supporters in the Church of the Late Fourth Century: JThS 24 (1973) 477; Pietri, Esquisse 294.
(51) Cf. R.A. Lipsius — M. Bonnet, Acta Apostolorum Apokrypha I (Hildesheim 1959) 235-272; trad. it. in L. Moraldi, Apocrifi del Nuovo Testamento, vol. 2, CdR V: Le Altre Confessioni Cristiane (Torino 1971) 1083-1101.
(52) Cf. Vita I, 14-28: Malingrey, Jean Chrysostome 406-408; Delehaye 410. Anche Niceforo Callisto, nel descrivere la generosità di Olimpiade, ricorre al modello Tecla (cf. Niceforo Callisto, Hist. eccl. XIII, 24: PG 146.1012B).
(53) Cf. Albrecht, Das Leben der hl. Makrina 308.
(54) Militello, Donna e Chiesa 28.
(55) Era forse cognato dell’imperatrice Flaccilla, moglie di Teodosio, avendone sposato in un primo matrimonio la sorella (cf. J. Matthews, Western Aristocracies and Imperial Court. A.D. 364-425, Oxford 1975, 109; Pietri, Esquisse 293).
(56) O comes rei privatae. Era il dignitario che «amministrava la gran massa di terre di proprietà imperiale, ne raccoglieva gli affitti, ne vendeva o cedeva alcune a seconda delle circostanze e riceveva e incorporava nelle proprietà della corona quei possedimenti che vi finivano o per confisca o perché il loro proprietario era morto senza lasciare eredi» (Jones, II tramonto 207).
(57) Come tale appare in due leggi del 30 gennaio e del 29 giugno del 386 (cf. G. Dagron, Naissance d’une capitale. Constantinople et ses institutions de 330 à 451, préface par P. Lemerle, BByz.E 7, Paris 1974, 253). Su Nebridio, cf. Seeck, Die Briefe 220; PLRE I, 620; Dagron, Naissance 253-254; Matthews, Western Aristocracies 109 e 132.
(58) Sia Palladio sia la Vita accennano di sfuggita al fatto che andasse sposa a Nebridio, per sottolineare subito come in realtà, per grazia di Dio, si fosse mantenuta vergine (cf. Palladio, Dialogus XVII, 134-139: Malingrey-Leclercq, Dialogue 342 [= PG 47,60); ID., Hist. Laus. 56, 1: Mohrmann-Barteljnk-Barchiesi 252 [= e. 144: PG 34.1244D]; Vita II, 3—7: Malingrey, Jean Chrysostome 408-410; Delehaye 410-411). Nota giustamente la Malingrey: «All’elogio che questi agiografi tessono della "verginità" di Olimpiade è preferibile la testimonianza dello stesso Giovanni, cf. Ep VIII, 4a» (Malingrey, Jean Chrysostome 409 nota 6).
(59) «Neppure venti mesi» è il periodo di tempo secondo il Dialogo (cf. Palladio, Dialogus XVII, 136-138: Malingrey-Leclercq, Dialogue 342) [=PG 47,60]; la Storia Lausiaca nelle sue due recensioni (per quella breve o G, cf. Palladio, Hist. Laus. 56, 1: Mohrmann-Bartelink-Barchiesi 252; per quella lunga o J3, cf. Hist. Laus. 144: PG 34,1244D) parla invece di «pochi giorni»; la Vita infine riporta sia il periodo di «pochi giorni» sia, poco dopo, un periodo di compromesso «quasi un anno» (cf. Vita II, 3-4.13: Malingrey, Jean Chrysostome 408-410; Delehaye 410-411).
(60) Palladio nel Dialogo scrive che Teodosio fu informato del suo stato di vedova su denunzia (cf Palladio, Dialogus XVII, 148-149: Malingrey-Leclercq, Dialogue 344) [= PG 47,60]. La Vita, con più precisione, racconta che si accusò Olimpiade «presso l’imperatore Teodosio di dilapidare in modo sconsiderato i suoi averi» (Vita III, 10: Malingrey, Jean Chrysostome 412; Delehaye 411).
(61) Non mi convince quanto sostenuto dal Dagron, e cioè che all’origine dell’intervento di Teodosio ci sia solo un motivo «economico»: Stato e Chiesa sono ognuno interessati al destino dei beni delle vedove (cf. Dagron, Naissance 502).
(62) Cf. Palladio, Dialogus XVII, 151: Malingrey-Leclercq, Dialogue 344 ( = PG 47,60); Vita III, 12 (codice P, inutilmente corretto da Delehaye): Malingrey, Jean Chrysostome 412; Delehaye 412.
(63) Palladio, Dialogus XVII, 152-158: Malingrey-Leclercq, Dialogue 344 (= PG 47,60); Vita III, 15-21: Malingrey, Jean Chrysostome 412; Delehaye 412.
(64) O Clemenzio, secondo il codice C (cf. Vita IV, 5: Malingrey, Jean Chrysostome 412; Delehaye 412, che è la sola che lo menziona). Sul personaggio, cf. PLRE I, 215; Dagron, Naissance 254; Matthews, Western Aristocracies 110.132.
(65) Cf. Palladio, Dialogus XVII, 158-161: Malingrey-Leclercq, Dialogue 344 (= PG 47,60); Vita IV, 3-7: Malingrey, Jean Chrysostome 412; Delehaye 412.
(66) Cf. Palladio, Dialogus XVII, 162-163: Malingrey-Leclercq, Dialogue 344-346 ( = PG 47,60); Vita IV, 9: Malingrey, Jean Chrysostome 414; Delehaye 412.
(67) Palladio, Dialogus XVII, 163-164: Malingrey-Leclercq, Dialogue 346 (= PG 47,60); Vita IV, 9-11: Malingrey, Jean Chrysostome 414; Delehaye 412.
(68) Palladio, Dialogus XVII, 167-175: Maljngrey-Leclercq, Dialogue 346 (= PG 47,61); Vita IV, 13-20: Malingrey, Jean Chrysostome 414; Delehaye 412-413.
(69) Così Evagrio il Pontico, il maestro di Palladio alle Celle (cf. Evagrio Pontico, Practicus 13: A. e C. Guillaumont, Évagre le Pontique, Traité pratique ou le Moine, tome II, édition critique du texte grec (compte tenu des versions orientales), traduction, commentaire et tables, SC 171, Paris 1971, 528) [= De odo vitiosis cogitationibus 8: PG 40,1273].
(70) Giovanni Crisostomo, Ep XIII, la: Malingrey, Jean Chrysostome 328; Callegari, Giovanni Crisostomo 203 (= Ep VII, 1: PG 52,601).
(71) Palladio, Dialogus XVII, 177-178; Malingrey-Leclercq, Dialogue 346 (= PG 47,61); Vita V, 2-3: Malingrey, Jean Chrysostome 414; Delehaye 413. Palladio ricorda tra gli aspetti caratteristici della sua «ascesi» il non mangiare carni di animali, il lavarsi di rado (non lavarsi affatto o raramente era una decisione molto apprezzata negli ambienti monastici, come attesta questa affermazione di s. Efrem: «lavando il corpo, spesso l’anima resta contaminata»: Des Heiligen Ephraem des Syrers Hymnen auf Abraham Kidunaya und Julianos Saba, hrsg. von E. Beck, CSCO.S 140, Louvain 1972, 2; sul tema, cf. H. Dumaine, Bains: DACL II/l, 87-93; J. Zellinger, Bad und Bäder in der altchristlichen Kirche, München 1928 ; J. Jüthner, Bad: RAC 1, 1141-1142) e l’estremo pudore che la portava a entrare vestita nell’acqua, quando per la salute malferma doveva fare dei bagni (cf. Palladio, Dialogus XVII, 181-184: Malingrey-Leclercq, Dialogue 346-348 [= PG 47,61]; Vita XLH, 19: Malingrey, Jean Chrysostome 434; Delehaye 419).
(72) Cambridge University Press, Storia del Mondo Medievale, Vol. I: La fine del mondo antico, a cura di H.M. Gwatkin — J.P. Whitney (Milano 1978) 232-241.
(73) «Osserva — le scrive il Crisostomo — la vasta distesa (lett.: il mare aperto) della tua carità» (Giovanni Crisostomo, Ep VIII, 10a: Malingrey, Jean Chrysostome 198) [ = PG 52,567]. Trovo pallida la versione della Callegari: «Pensa al mare del tuo amore» (Callegari, Giovanni Crisostomo 116).
(74) Cf. Vita V: Malingrey, Jean Chrysostome 414-418; Delehaye 413-414.
(75) Vita V, 4-5: Malingrey, Jean Chrysostome 414; Delehaye 413.
(76) Senza dubbio si tratta di Nettario. La Vita (cf. Vita V, 17: Malingrey, Jean Chrysostome 416; Delehaye 413) menziona Giovanni Crisostomo, ma è evidente l’anacronismo, stranamente non rilevato dal Dagron (cf. Dagron, Naissance 503).
(77) Su queste proprietà e la loro localizzazione, cf. Malingrey, Jean Chrysostome 416-417 e 418; Dagron, Naissance 503.
(78) Sozomeno racconta che il Crisostomo, vedendo la sua prontezza nel dare a chi glielo chiedeva, unicamente preoccupata delle cose di Dio, le si rivolgesse in questi termini: «Lodo la tua intenzione; ma chi brama le vette della virtù secondo Dio, deve essere parsimonioso. Tu invece, donando ricchezze ai ricchi, non fai che gettare i tuoi beni nel mare. Non sai che hai offerto le tue sostanze ai bisognosi di tua spontanea volontà, per amore di Dio, che ti è ingiunto di amministrarle come beni sottratti al tuo dominio e che sei obbligata a renderne conto? Se vorrai darmi retta, per il futuro cerca di commisurare i tuoi doni alle necessità dei richiedenti. Così facendo infatti, beneficherai più persone e riceverai da Dio la ricompensa per la tua misericordia e la tua sollecitudine piena di premure» (Sozomeno, Hist. eccl. VIII, 9, 2-3: GCS 50, 361-362) [= PG 67.1540A]; cf. anche Niceforo Callisto, Hist. eccl. XIII, 24: PG 146.1009D-1012A.
(79) Tralasciando l’epistolario crisostomiano e le citazioni già riportate, cf. Palladio, Dialogus XVII, 187-205: Malingrey-Leclercq, Dialogue 348 ( = PG 47,61); ID., Hist. Laus. 56,2: Mohrmann-Bartelink-Barchiesi 252 (= e. 144: PG 34,1249A.B.C. passim); Vita VII, 2-6; VIII, 12-21; XIII, 4-11.16.17; XIV; XV, 8-9.13: Malingrey, Jean Chrysostome 420.422.434.436-438.440; Delehaye 414-415.415.419.419-420.421; Sozomeno, Hist. eccl. VIII, 24, 4; 27, 8: GCS 50, 382.388 (= PG 67,1577C.1592A); Niceforo Calusto, Hist. eccl. XIII, 24: PG 146,1009C-D.1012A-B.D.
(80) Cf. Sozomeno, Hist. eccl. VIII, 9, 1: GCS 50, 361 (= PG 67,1537C- 1540A); Niceforo Callisto, Hist. eccl. XIII, 24: PG 146,1009D. La Vita vede in azione «la volontà di Dio» (cf. Vita VI, 1: Malingrey, ]ean Chrysostome 418; Delehaye 414).
(81) Cf. Cod. Theod.
XVI, 2, 27:
Theodosiani
Libri XVI cum Constitutionibus
(82) Che l’attività caritatevole restava sola «a segnalare sul piano sociale l’azione femminile» dopo l’era delle persecuzioni, è quanto sostiene in un ottimo articolo la Consolino (cf. F.E. Consolino, Modelli di comportamento e modi di santificazione per l’aristocrazia femminile d’Occidente: AA.VV., Società romana e impero tardoantico I, a cura di A. Giardina, Roma-Bari 1986, 276). La vita dell’orientale Olimpiade invece permette di affermare qualcosa di più (cf. Militello, Donna e Chiesa 21-66). Su alcuni modelli femminili di vita cristiana, elaborati soprattutto a partire dal IV sec, cf. E. Giannarelii, La tipologia femminile nella biografia e nell’autobiografia cristiana del IV° secolo, Studi Storici 127 (Roma 1980); P.A. Gramaglia, Personificazioni e modelli del femminile nella transizione dalla cultura classica a quella cristiana: Interpretazione e personificazione. Personificazioni e Modelli del Femminile. Atti del Nono Colloquio sulla Interpretazione (Macerata, 6-8 Aprile 1987), a cura di G. Galli, Pubblicazioni della Facoltà di Lettere e di Filosofia dell’Università di Macerata 43 (Genova 1988) 17-164, in particolare 147-152).
(83) Palladio, Hist. Laus. 56, 2: Mohrmann-Bartelink-Barchiesi 252-253 ( = e. 144: PG 34,1249C).
(84) Vita XV, 12-13: Malingrey, Jean Chrysostome 440; Delehaye 421: nostra sottolineatura.
(85) Militello, Donna e Chiesa 29.
(86) Cf. Vita X, 13-16: Malingrey, Jean Chrysostome 426; Delehaye 416.
(87) Cf. Did. Ap. III, 12, 2-3 e Const. Ap. III, 16, 4: Didascalia et Constitutiones Apostolorum 208-210 e 211 (cf. nota 8). Il passo della Vita che collega l’ordinazione diaconale di Elisanzia, Martiria e Palladia al bisogno di un interrotto succedersi dei «servizi di lode» (cf. Vita VII, 6-9: Malingrey, Jean Chrysostome 420; Delehaye 415) è di difficile interpretazione. La traduzione e la spiegazione seguite sono della Malingrey (cf. Malingrey, Jean Chrysostome 421 nota 5); il Martimort non ne è convinto, ma non azzarda una sua interpretazione (cf. Martimort, Les diaconesses 136 nota 98)
(88) Militello, Donna e Chiesa 29.
(89) Giovanni Crisostomo, Ep VIII, 10a: Malingrey, Jean Chrysostome 198; Callegari, Giovanni Crisostomo 116 (= PG 52,567).
(90) Cf. Palladio, Dialogus XVII, 187-205: Malingrey-Leclercq, Dialogue 348 ( = PG 47,61); Vita XIV: Malingrey, Jean Chrysostome 436-438; Delehaye 419-420. E da notare che tra i vescovi si incontrano, oltre a Nettario, Anfilochio d’Iconio, Ottimo di Antiochia di Pisidia, Pietro di Sebaste, Gregorio di Nissa ed Epifanio di Salamina (anche lui non tenero con Crisostomo), anche Antioco di Tolemaide, Acacio di Beroea e Severino di Gabala, rutti e tre accaniti avversari del Crisostomo. Come scrive l’anonimo autore della Vita, veramente «soccorse tutti... senza fare distinzioni» {Vita V, 4-5: Malingrey, Jean Chrysostome 414; Delehaye 413).
(91) Il riferimento è all’accoglienza dei «Lunghi Fratelli», i monaci della Nitria Dioscoro, Ammonio, Eusebio ed Eutimio, così chiamati per la loro alta statura. Fuggiti dall’Egitto, perché perseguitati come origenisti da Teofilo, il turbolento patriarca di Alessandria, trovarono infine protezione presso Crisostomo e furono ospitati da Olimpiade (cf. Palladio, Dialogus XVI, 245-324: Malingrey-Leclercq, Dialogue 324-330 [= PG 47,56-58]; Niceforo Callisto, Hist. eccl. XIII, 24: PG 146.1012A, che parla di Ammonio e Isidoro). Sulla vicenda dei «Lunghi Fratelli», cf. Socrate, Historia ecclesiastica VI, 7 e 9: PG 67,684-688.692-693; Sozomeno, Hist. eccl. VIII, 12-17: GCS 50,364-373 (= PG 67,1545-1556); per una visione sintetica, cf. A. de Halleux, Frères (Longs): DHGE 18,1268-1269.
(92) Sull’organizzazione e amministrazione di questo e di altri monasteri simili le fonti sono piuttosto mute. Il numero elevato di ospiti richiedeva cospicue rendite ed è da supporre che Olimpiade, come hanno fatto altre celebri signore dell’antichità (le due Melanie, Paola, ecc), l’avesse opportunamente dotato (cf. Dagron, Naissance 505-506). Del resto la Vita racconta che Elisanzia e le sorelle cedettero al monastero le loro sostanze (cf. Vita VI, 15-16: Malingrey, Jean Chrysostome 418; Delehaye 414). Sul fondamento poi dell’autorità di Olimpiade e delle altre aristocratiche, cf. E.A. Clark, Authority and Humility. A Conflict of Values in Fourth-Century Female Monasticism: ID., Ascetic Piety and Women’s Faith. Essays on Late Ancient Christianity, Studies in Women and Religion 20 (Lewiston, New York — Queenston, Ontario 1986) 209-228; in precedenza era stato pubblicato in: ByF 9 (1985) 17-33. Secondo la Clark essa non poggiava su una regola o le funzioni ricoperte, ma proveniva dal loro status sociale ed economico. Su una specie di sviluppo osservabile nel rapporto delle due funzioni «diaconessa/badessa», cf. Sr. Teresa (J. White), The Development and Eclipse of the Deacon Abbess: Studia Patristica, vol. XIX. Papers Presented to the Tenth International Conference on Patristic Studies held in Oxford 1987. Historica, Theologica, Gnostica, Biblica et Apocrypha, ed. by E.A. Livingstone (Leuven 1989) 111-116, che vi distingue quattro stadi: all’inizio abbiamo una «diaconessa», che ha cura delle vergini consacrate, viene poi il periodo della «diaconessa-badessa», segue lo stadio in cui la «badessa» deve essere «diaconessa» e infine il momento della «badessa» (-diaconessa)»: non si insiste più tanto sulla funzione di «diaconessa».
(93) Cf. Vita VI: Malingrey, Jean Chrysostome 418-420 Delehaye 414.
(94) Cf. Vita VI, 23-25: Malingrey, Jean Chrysostome 420; Delehaye 414.
(95) Nessun uomo o donna poteva entrarvi, solo il vescovo Giovanni, che vi andava spesso e rivolgeva alle presenti la sua parola (cf. Vita VIII, 5-9: Malingrey, Jean Chrysostome 422; Delehaye 415).
(96) Cf. Vita VIII, 1-12: Malingrey, Jean Chrysostome 422; Delehaye 415.
(97) Dagron, Naissance 505 nota 6.
(98) Cf. Socrate, Hist. eccl. VI, 2: PG 67.664B. Secondo il Synaxarium Ecclesiae Constantinopolitanae, ed. H. Delehaye, 312-313 la consacrazione avrebbe avuto luogo il 15 dicembre 397, mentre il 26 febbraio 398 sarebbe il giorno dell’intronizzazione (sulla questione, cf. D. Stiernon, Giovanni Crisostomo: BSS 6, 675).
(99) Niceforo Callisto, Hist. eccl. XIII, 24: PG 146,1012B.
(100) Cf. Vita VIII, 14-21: Malingrey, Jean Chrysostome 422; Delehaye 415.
(101) Sul Crisostomo, oltre all’opera del Baur (cf. bibliografia), tuttora valida, cf. J. Quasten, Patrologia. Vol. II: Dal Concilio di Nicea a quello di Calcedonia (Torino 1973.2) 427-485; A. Wenger, Jean Chrysostome: DSp 8, 331-355.
(102) Di lui Giordani traccia questo poco lusinghiero ritratto: «Bell’uomo, amante delle signore e della tavola, diplomatico scaltro nel barcamenarsi sul fiotto della vita cortigiana della Roma nova» (I. Giordani, San Giovanni Crisostomo, Padova 1929, 103).
(103) Sul rapporto Crisostomo-popolo, cf. F. van Ommeslaeghe, Jean Chrysostome et le peuple de Constantinople: AnBoll 99 (1981) 329-349. L’autore, in questo e in altri articoli, reagisce a quella tendenza storiografica odierna che privilegia le fonti ostili al Crisostomo.
(104) Sul conflitto tra Crisostomo e l’imperatrice Eudossia, cf. F. van Ommeslaeghe, Jean Chrysostome en conflit avec l’impératrice Eudoxie. Le dossier et les origines d’une légende: AnBoll 97 (1979) 131-159.
(105) Palladio, Dialogus X, 54-63: Malingrey-Leclercq, Dialoque 208 ( = PG 47,35).
(106) Cf. Palladio, Dialogus X, 63-72: Malingrey-Leclercq, Dialogue 208 ( = PG 47,35).
(107) Palladio, Dialogus XI, 15: Malingrey-Leclercq, Dialogue 214 (= PG 47,36). Il Crisostomo in una lettera a un tal Brisone (cf. Callegari, Giovanni Crisostomo 52 nota 1) lo definisce «il posto più isolato di tutta la terra» (Giovanni Crisostomo, Ep CCXXXIV: PG 52,739; Callegari, Giovanni Crisostomo 53).
(108) Sul Crisostomo e sulle sue vicende soprattutto come vescovo di Costantinopoli, cf. Socrate, Hist. eccl. VI, 2-5.8-11.14-18.21: PG 67,661-676.688-700.705-.721.725-728; Sozomeno, Hist. eccl. VIII, 2-10.12-22.27-28: GCS 50, 349-363.364-379.387-389 (= PG 67,1513-1544.1549-1573.1589 1592); la Vita, tuttora inedita, attribuita a Martirio di Antiochia (cf. Bibliotheca Hagiographica Graeca [= BHG] par F. Halkin, Bruxelles 19573, n. 871; F. van Ommeslaeghe, La valeur historique de la vie de S. Jean Chrysostome attribuée à Martyrius d’Antioche (BHG 871): Studia Patristica. Vol. XII. Papers Presented to the VIth International Conference on Patristic Studies held in Oxford, 6-11 September 1971. Inaugural Lecture, Editions, Critica, Philologica, Biblica, Historica, ed. by E.A. Livingstone, TU 115, Berlin 1975, 478-483), che van Ommeslaeghe preferirebbe chiamare «panegirico dalle tendenze polemiche» (cf. F. van Ommeslaeghe, Une Vie acéphale de saint ]ean Chrysostome dans le Batopedinus 73: AnBoll 94, 1976, 318) e la Vita acephala S. Iohannis Chrysostomi (BHG n. 874b), pubblicata dallo stesso van Ommeslaeghe al termine dell’articolo citato: Ibid. 326-355; cf. anche F. van Ommeslaeghe, Que vaut le témoignage de Pallade sur le procès de saint Jean Chrysostome?: AnBoll 95 (1977) 389-413.
(109) Cf. Sozomeno, Hist. Eccl. VIII, 27, 8: GCS 50, 388 (= PG 67.1592A).
(110) Cf. Vita IX, 16-18: Malingrey, Jean Chrysostome 424; Delehaye 416.
(111) Il suo nome lo sappiamo da Socrate, Hist. eccl. VI, 18: PG 67.721B.
(112) Sozomeno, Hist. eccl. VIII, 24, 4: GCS 50, 382 (= PG 67.1577C). Sull’accusa ai Giovanniti di aver appiccato il fuoco, cf. anche Giovanni Crisostomo, Ep XIII, 4b: Malingrey, Jean Chrysostome 344 ( = Ep VII, 4: PG 52,606); Ep XCIV: PG 52,658.
(113) Era fratello del vescovo Nettario (cf. Socrate, Hist. eccl. VI, 19: PG 67.721-724A; Sozomeno, Hist, eccl. VIII, 23, 1-2: GCS 50, 379 [= PG 67,1573C-D]). Nella lettera al Vescovo Ciriaco, di dubbia autenticità, l’autore gli affibbia i seguenti epiteti: sciocco, lupo, adultero nello spirito, per avergli strappato, ancor vivo, il trono della Chiesa (cf. Giovanni Crisostomo, Ep CXXV: PG 52,685).
(114) Sozomeno, Hist. eccl. VIII, 24, 6: GCS 50, 382 (= PG 67,1580A).
(115) Cf. Vita X, 5-6: Malingrey, Jean Chrysostome 426; Delehaye 416. Niceforo Callisto pone in successione i due momenti: prima il ritiro a Cizico, poi l’esilio a Nicomedia (cf. Niceforo Callisto, Hist. eccl. XIII, 24: PG 146,1012D).
(116) Palladio, Hist. Laus. 56, 2: Mohrmann-Bartelink-Barchiesi 253 (= e. 144: PG 34,1250A); cf. anche Vita XVI, 6-14: Malingrey, Jean Chrysostome 442-444; Delehaye 422.
(117) Cf. Vita XI, 37-39: Malingrey, Jean Chrysostome 430; Delehaye 418; cf. pure il Menologio del Sirleto (cf. H. Canisius, Antiquae lectionis tomus II, Ingolstadt 1602, 826) e quello dell’imperatore Basilio II (cf. PG 117,557); il manoscritto C della Vita riporta la data del 29 luglio; il sinassario sirmondiano infine quella del 24 luglio (cf. Synaxarium Ecclesiae Constantinopolitanae e codice Sirmondiano nunc Berolinensi adiectis Synaxariis selectis, opera et studio H. Delehaye, Propylaeum ad Acta Sanctorum Novembris, Bruxelles 1902, 841).
(118) Cf. Martyrologium Romanum ad forman editionis typicae scholiis historicis instruetum, ed. H. Delehaye et alii, Propylaeum ad Acta Sanctorum Decembris (Bruxelles 1940) 589-590.
(119) Cf. Janin, Olimpia 1158; cf. anche Malingrey, Jean Chrysostome 429 nota 4.
(120) Pure il monastero di Olimpiade era stato incendiato nella rivolta detta Nika, durante il regno di Giustiniano, nel 532. Nel 537 l’imperatore l’aveva fatto ricostruire (cf. Narratici Sergiae 2-3: Delehaye 44-45, cf. nota 5).
(121) Cf. Narratio Sergiae 4-5: Delehaye 46.
(120) Nell’Omelia 60 sul vangelo di Matteo il Crisostomo lamenta che «la maggior parte degli uomini hanno altre, diverse motivazioni alle loro amicizie. Ecco: un uomo ama perché è amato; un altro perché è onorato; un altro ancora perché qualcuno gli è stato utile in qualche affare o per altro analogo motivo. Ma è difficile trovare qualcuno che per Cristo ami il suo prossimo autenticamente, come si deve amare... Non così amava Paolo: egli amava per Cristo; il motivo del suo amore era Cristo — questa aggiunta non c’è nel testo greco! —. Per questo, anche se non era riamato come egli amava, il suo amore non veniva meno, poiché aveva gettato in profondità la forte radice dell’amore» (Giovanni Crisostomo, In Mt hom 60, 3: PG 58,587; trad. it. San Giovanni Crisostomo, Commento al Vangelo di san Matteo. Vol. III, trad. di R. Minuti e F. Monti, Roma 1967, 43). E nella prima omelia sulla lettera ai Colossesi afferma che «Nulla infatti, nulla è così forte, come il vincolo dello Spirito... Cerchiamo queste amicizie che provengono dallo Spirito» (Giovanni Crisostomo, In Col hom I, 3: PG 62,303; trad. di Zincone, L’amicizia 177, cf. nota 127).
(121) Cf. E. Bouet-Dufeu., L’amicizia questa accusata, Opinioni e proposte (Assisi 1971) 95-97; E. Gentili, L’amore, l’amicizia e Dio. Contributo a una ricerca (Torino 1978) 347; Militello, Donna e Chiesa 48.
(122) Cf. Bouet-Dufeil, L’amicizia 96-97. Il rilievo ci sembra fuori posto.
(125) Gentili, L’amore 347. Non so perché l’autore parli di «lettere pastorali»! Sui due «trattatelli», cf. J. Dumortier, Saint Jean Chrysostome, Les cohabitations suspectes. Comment observer la virginité, CUFr (Paris 1955) [= PG 47,495-514; 513-532: solo i due opuscoli].
(126) La Vita narra che uomini malvagi «ordirono un diabolico intrigo contro di lui e contro questa pia donna. E avendolo calunniato non solo a proposito di lei, ma anche degli affari ecclesiastici», lo deposero e lo esiliarono (Vita IX, 4-12: Malingrey, Jean Chrysostome 424; Delehaye 415-416). La dotta studiosa del Crisostomo rileva che negli Atti del Sinodo della Quercia, nel testo tramandato dal patriarca Fozio, non si legge tale accusa, a meno che non la si voglia vedere in quella di «ricevere donne da solo» (cf. Malingrey, Jean Chrysostome 424 nota 2). Nella lettera a Ciriaco (cf. nota 113), il Crisostomo si duole che lo si sia accusato di aver avuto una relazione con una donna (cf. Giovanni Crisostomo, Ep CXXV: PG 52,683).
(127) L’antichità classica «con tutte le sue sublimi speculazioni sull’amicizia e sull’amore, ha lasciato irrisolti molti e gravi problemi, in particolare quello dell’amicizia con la donna...» (E.M. Gentili, Amore e amicizia: Dizionario enciclopedico di teologia morale, diretto da L. Rossi - A. Valsecchi, Roma 1973, 30). Tra uomo e donna non poteva darsi amicizia, perché questa, tra le altre cose, postula l’uguaglianza e tra i due, per Aristotele e seguaci, tale uguaglianza non si dà. E vero che Plutarco afferma che anche la donna è capace di amicizia, ma il suo discorso si muove all’interno della società matrimoniale (Plutarco, Amatorius 751D.769A.B-C: Plutarchi Chaeronensis Moralia, recognovit G.N. Bernardakis, vol. IV, Lipsiae 1892, 403.454-455.455-456; sull’argomento, cf. Bouet-Dufeil, L’amicizia 84-87; K. Treu, Freundschaft: RAC 8, 421), aspetto già toccato da Aristotele (cf. Aristotele, Etica Nicomachea VIII, 14, 1162a 16-33; sull’amicizia nell’antichità grecoromana, cf. J.-C. Fraisse, Philia. La notion d’amitié dans la philosophie antique. Essais sur un problème perdu et retrouvé, Bibliothèque d’Histoire de la Philosophie, Paris 1974). I Padri non ci hanno lasciato trattati specifici sull’amicizia, ma descrizioni di amicizie vissute e riflessioni sparse sul tema. Per essi l’amicizia trova il suo significato più vero e profondo nel Cristo (sulla questione e limitandoci al protagonista del nostro studio, cf. L. Vischer, Das Problem der Freundschaft bei den Kirchenvätern. Basilius der Grobe, Gregor von Nazianz und Chrysostomus: ThZ 9, 1953, 173-200; L. Małunowicz, Le problème de l’amitié chez Basile, Grégoire de Nazianze et Jean Chrysostome: Studia Patristica, vol. XVI. Papers Presented to the Seventh International Conference on Patristic Studies held in Oxford 1975. Part II. Monastica et Ascetica, Orientalia, E Saeculo Secundo, Origen, Athanasius, Cappadocian Fathers, Chrysostom, Augustine. With a Cumulative Index of Contributors to Studia Patristica, vol.I-XVI, TU 129, Berlin 1985, 412-417; S. Zincone, L’amicizia in rapporto all’«agape» nell’opera di Giovanni Crisostomo: VetChr 21, 1984, 163-179).
(128) Grego, S. Olimpia 48. La numerazione è quella della Malingrey.
(129) Cf. Basilio, Epp CXXXIII e CLIV: PG 32,569B.609C.
(130) Cf. Giovanni Crisostomo, Ep VIII, 12d: Malingrey, Jean Chrysostome 210-212 (= Ep II, 12: PG 52,570-571).
(131) Cf. Giovanni Crisostomo, Epp XXXVII; LXXXII; XCV; CXVIII; CXIX; CXX; CXXVII; CXXIX; CCV; CCVI; CCVIII; CCXXXIV: PG 52,631.652.659.673.674.675.688.689.726.726.727.740. Potremmo continuare, ma non è il caso.
(132) Giovanni Crisostomo, Ep II, 1c: Malingrey, Jean Chrysostome 110; Callegari, Giovanni Crisostomo 43 (= Ep X: PG 52,609).
(133) «Noi ti inviamo di frequente notizie, ma tu (e te l’ho già rimproverato in precedenza) lo fai di rado. Voglio che tu ti renda conto che è colpa della tua pigrizia e non della difficoltà di trovare corrieri... Tu facci sapere, e senza pause di silenzio, come state, tu e quelli che ci amano» (Giovanni Crisostomo, Ep IV, 1b.d: Malingrey, Jean Chrysostome 116-118; Callegari, Giovanni Crisostomo 48-49) [= Ep XII: PG 52,610].
(134) «Sono sicuro che desideri sapere di noi (da un pezzo, infatti, non mi sono più fatto sentire): abbiamo superato la fase più grave della malattia, ma ancora ne portiamo le conseguenze» (Giovanni Crisostomo, Ep XV, 1d: Malingrey, Jean Chrysostome 358; Callegari, Giovanni Crisostomo 250) [= PG 52,620].
(135) Giovanni Crisostomo, Ep VIII, 13c: Malingrey, Jean Chtysostome 216; Callegari, Giovanni Crisostomo 121-122 (= Ep 11,13: PG 52,572).
(136) Il proverbio, che secondo Timeo risalirebbe a Pitagora (cf. Diogene Laerzio, Vitae Philosophorum VIII,1,10), ritorna spesso negli autori greci sino in epoca bizantina, cf. Euripide, Oreste 735; Andromaca 376-377; Platone, Liside 207c; Fedro 279c; Repubblica IV,424a; Aristotele, Etica Nicomachea VIII,11,1159b 31; IX,8,1168b 7-8; Giamblico, Vita Pitagorica VI,32; XIX, 92; ecc.
(137) «Per circa trenta giorni, e anche più, lottai con febbri altissime, proseguendo il cammino, così lungo e faticoso, attanagliato, per giunta, da fortissimi dolori allo stomaco. Trai tu le conseguenze: senza medici, senza bagni, privi del necessario e di ogni ristoro, circondati dalla paura degli Isauri e dagli altri disagi che di solito nascono per la difficoltà dei viaggi: preoccupazione, ansia, scoraggiamento, mancanza d’assistenza. Ma ora tutto si è dissolto» (Giovanni Crisostomo, Ep VI,1a:Malingrey, Jean Chrysostome 126; Callegari, Giovanni Crisostomo 199-200) [ = Ep XIII: PG 52,610]; cf. anche Epp IV,1a; IX,2a; XII,1a; XV,1d; XVI,1e; XVII,1a-c: Malingrey, Jean Chrysostome 116.222.316-318.358.366.368-370). Qui, e in casi simili, rinunciamo a citare la pagina corrispondente della PG, per non appesantire la nota.
(138) «Cacciati dal Galata (ci aveva minacciati di morte o quasi), stavamo per mettere piede in Cappadocia; ...» (Giovanni Crisostomo, Ep IX,1e: Malingrey, Jean Chrysostome 220; Callegari, Giovanni Crisostomo 127 [= Ep XIV, 1: PG 52, 613]; cf. pure Ibid. 2c-d.3a-b: Malingrey, Jean Chrysostome 224.226-228).
(139) «Ringrazia di cuore le mie signore, le sorelle del mio signore reverendissimo il vescovo Pergamio, che si son presa tanta cura di noi: indussero il mio signor governatore, genero di Pergamio ad essere così ben disposto nei nostri confronti, che è, anche lui, pieno del desiderio di vederci colà» (Giovanni Crisostomo, Ep IV,1e: Malingrey, Jean Chrysostome 118; Callegari, Giovanni Crisostomo 49 [ = Ep XII: PG 52,610]; cf. anche Epp V,1a; VI,1b; IX,2f.3f: Malingrey, Jean Chrysostome 120.128.226.230).
(140) «Finalmente respirammo, una volta arrivati a Cucuso, da dove ti scriviamo; finalmente una schiarita, dopo il fumo e la densa nebbia dei guai capitatici durante il viaggio. Adesso che i dolori sono passati, li possiamo raccontare alla Tua Pietà, non ho voluto farlo finché c’ero in mezzo, per non addolorarti troppo» (Giovanni Crisostomo, Ep VI,1a: Malingrey Jean Chrysostome 126; Callegari, Giovanni Crisostomo 53) [= Ep XIII: Pg 52,610].
(141) «Mandaci di frequente notizie della tua salute... Non dirci solo come stai, ma anche se hai dissolto la nebbia della tua tristezza» (Giovanni Crisostomo, Ep II, 1b: Malingrey, Jean Chrysostome 110; Callegari, Giovanni Crisostomo 43 [= Ep X: PG 52,608]; cf. pure Epp V,1b; XI,2c; XII,1b; XVII,1b: Malingrey, Jean Chrysostome 120.314.318.370).
(142) «Non abbandonarti alla tirannia della tristezza, ma domina la tempesta con riflessione» (Giovanni Crisostomo, Ep III,1b: Malingrey, Jean Chrysostome 114; Callegari, Giovanni Crisostomo 46 [= Ep IX: PF 52,608]; cf. anche Epp V,1b.c; VII,1a.c.5e; VIII,1a-c; LX,1a; X,14f; XIV,1a; XVII,4b-c; Malingrey, Jean Chrysostome 120-124.132.134.156.158-160.218.302.304.350).
(143) «Desideriamo sapere se gli amici del vescovo Ciriaco sono stati liberati, nessuno ci ha dato notizie precise: dateci voi chiarimenti» (Giovanni Crisostomo, Ep IV,1d: Malingrey, Jean Chrysostome 118; Callegari, Giovanni Crisostomo 49 [= Ep XII: PG 52,610]; cf. anche Ep XIII,4b: Malingrey, Jean Chrysostome 344).
(144) «Non è capitato niente di strano né d’inverisimile alla Tua Pietà, anzi è perfettamente verisimile e naturale che col ripetersi incessante delle prove, si sia tonificato il nerbo del tuo spirito, si siano accresciuti lo zelo e il vigore nelle lotte e che tu ne tragga il frutto di una grande gioia...» (Giovanni Crisostomo, Ep XVI,1a: Malingrey, Jean Chrysostome 362; Callegari, Giovanni Crisostomo 161 [= Ep XVII: PG 52,621]; cf. anche Epp XI,1a; XII,1b.d-e; XIV,1d: Malingrey, Jean Chrysostome 306.318-320.322-326.352-354).
(145) «Quanto alla destinazione, non disturbate né loro né nessun altro, in vista di un trasferimento. È come se il favore ce lo avessero fatto; può darsi infatti che volessero farci trasferire, ma che non abbiamo potuto» (Giovanni Crisostomo, Ep IV,1b: Malingrey, Jean Chrysostome 118; Callegari, Giovanni Crisostomo 49 [= Ep XII: PG 52,609-610]; cf. anche Epp VI.1c.e; IX,1a: Malingrey, Jean Chrysostome 128.130.218).
(146) Cf. Giovanni Crisostomo, Ep VIII,11a: Malingrey, Jean Chrysostome 202 ( = Ep 11,11: PG 52,568). Il Crisostomo aveva bellamente espresso il valore della presenza dell’amico: «Con l’amico si sopporta volentieri anche l’esilio, senza di lui non si preferirebbe nemmeno vivere in patria; con l’amico è sopportabile anche la povertà, senza di lui sono insopportabili anche la salute e la ricchezza: chi ha un amico insomma ha un altro se stesso» (Giovanni Crisostomo, In I ad Ts hom 11,4: PG 62,406; trad. di Zincone, L’amicizia 170-171).
(147) Giovanni Crisostomo, Ep VII,1a: Malingrey, Jean Chrysostome 132; Callegari, Giovanni Crisostomo 73 (= Ep 1,1: PG 52,549); cf. pure Ep VIII,1d; Malingrey, Jean Chrysostome 160.
(148) Giovanni Crisostomo, Ep XVII,1d: Malingrey, Jean Chrysostome 370; Callegari, Giovanni Crisostomo 277 (= Ep IV,1: PG 52,591). Ho adattato il testo del Crisostomo al contesto.
(149) Giovanni Crisostomo, Ep VIII,11b: Malingrey, Jean Chrysostome 204; Callegari, Giovanni Crisostomo 118 (= Ep 11,11: PG 52,568).
(150) Cf. Giovanni Crisostomo, Ep XVII,1b: Malingrey, Jean Chrysostome 368 (= Ep IV,1: PG 52,590).
(151) Cf. Giovanni Crisostomo, Ep X,9d-10b.14f; XI,2b; XVI,1d: Malingrey, Jean Chrysostome 276-278.302.312-314.364-366.
(152) Militello, Donna e Chiesa 53. Sul problema della sofferenza nell’opera del Crisostomo, cf. E. Nowak, Le chrétien devant la souffrance. Étude sur la pensée de Jean Chrysostome, ThH 19 (Paris 1972); cf. anche Giovanni Crisostomo, Ad eos qui scandalizati sunt: A.-M. Malingrey, Jean Chrysostome, Sur la providence de Dieu, introduction, texte critique, traduction et notes, SC 79 (Paris 1961) [ = PG 52,479-528] con una buona introduzione.
(153) Cf. Malingrey, Jean Chrysostome 41-45.
(154) Giovanni Crisostomo, Ep I,1c: Malingrey, Jean Chrysostome 108; Callegari, Giovanni Crisostomo 42 (= Ep XI: PG 52,609).
(155) Giovanni Crisostomo, Ep XI,2c: Malingrey, Jean Chrysostome 314; Callegari, Giovanni Crisostomo 194 (= Ep V,2: PG 52,598).
(156) Giovanni Crisostomo, Ep VIII,13c: Malingrey, Jean Chrysostome 216; Callegari, Giovanni Crisostomo 122 (= Ep 11,13: PG 52,572).
(157) Militello, Donna e Chiesa 48-49, che cita in nota (cf. Ibid. nota 3) Giovanni Crisostomo, Ep XVI,1e (e non 1d!): Malingrey, Jean Chrysostome 364; Callegari, Giovanni Crisostomo 162 (= Ep XVII, 1: PG 52,622).
(158) Per restare alle lettere a Olimpiade, cf. la descrizione della passione che si è impadronita della moglie di Potifar: Giovanni Crisostomo, Ep X,11e-12d: Malingrey, Jean Chrysostome 286-292 [= Ep 111,11-12: PG 52,584-586]; il giudizio su Eva: Giovanni Crisostomo, Ep X,3a: Malingrey, Jean Chrysostome 248-250 ( = Ep III,3: PG 52,574). L’accenno al bisogno che Mosè, Abramo e Giobbe ebbero della donna, non rimanendo vergini: Giovanni Crisostomo, Ep VIII,7b-8a: Malingrey, Jean Chrysostome 184-188 (= Ep 11,7-8: PG 52,563-564). Sulla questione, cf. Militello, Donna e Chiesa 65-66; sul tema «Crisostomo e luoghi comuni dell’anti femminismo», cf. Militello, o.c. 197-236, che emette al termine una sentenza di assoluzione.
(159) Giovanni Crisostomo, Ep XII.1b.c.d.: Malingrey, Jean Chrysostome 318-320.322-324; Callegari, Giovanni Crisostomo 197.198.199 (= Ep VI: PG 52,599.600-601).
(160) Giovanni Crisostomo, Ep XII.1c.d.: Malingrey, Jean Chrysostome 320.322; Callegari, Giovanni Crisostomo 198 (= Ep VI: PG 52,600).
(161) Giovanni Crisostomo, Ep VIII.1c: Malingrey, Jean Chrysostome 160; Callegari, Giovanni Crisostomo 104 (= Ep 11,1: PG 52,556). Questa e altre doti ritornano con una certa frequenza nell’epistolario, cf. Giovanni Crisostomo, Epp VIII,5a.13b; III.1b; XIV,1e; ecc: Malingrey, Jean Chrysostome 174-176.214.114.354. Sul significato del termine philosophia, tradotto sempre con «saggezza», in particolare nell’opera del Crisostomo, cf. G.J.M. Bartelink, «Philosophie» et «philosophe» dans quelques Oeuvres de Jean Chrysostome: RAM 36 (1960) 486-492; A.-M. Malingrey, «Philosophia». Etude d’un groupe de mots dans la littérature grecque, des Présocratiques au IVe siècle après J.C., EeC 40 (Paris 1961) 263-288.
(162) Cf. Giovanni Crisostomo, Ep VIII,5c.d.10a: Malingrey, Jean Chrysostome 178.198 (= Ep 11,5.10: PG 52,561.567).
(163) Cf. Giovanni Crisostomo, Ep VIII,5c.d; XIII.1a: Malingrey, Jean Chrysostome 178.328 (= Epp 11,5; VII.1: PG 52,561.601).
(164) Cf. Giovanni Crisostomo, Ep VIII,9c: Malingrey, Jean Chrysostome 196 ( = Ep 11,9: PG 52,566); cf. anche Ibid. 6a: Malingrey, Jean Chrysostome 178-180.
(165) Giovanni Crisostomo, Ep VIII,4c: Malingrey, Jean Chrysostome 174; Callegari, Giovanni Crisostomo 108-109 (= Ep II,4: PG 52,560); cf. pure Ibid. 5d.10a; XIV.1e; XV,1c: Malingrey, Jean Chrysostome 178.198.354.358.
(166) Cf. Giovanni Crisostomo, Ep VIII, 4d.5a: Malingrey, Jean Chrysostome 174-176; Callegari, Giovanni Crisostomo 109 (= Ep II, 4.5: PG 52, 560).
(167) Giovanni Crisostomo, Ep VIII,5d: Malingrey, Jean Chrysostome 178; Callegari Giovanni Crisostomo 110 (= Ep 11,5: PG 52,561); cf. anche Ibid. 10a: Malingrey, Jean Chrysostome 198
(168) Palladio, Dialogus XVII, 179-180: Malingrey-Leclercq, Dialogue 346 (= PG 47,61).
(169) Palladio, Dialogus XVII, 123: Malingrey-Leclercq, Dialogue 342 ( = PG 47,60).
(170) Palladio, Dialogus XVI, 185-187: Malingrey-Leclercq, Dialogue 318 ( = PG 47,56); Vita III,13: Malingrey, Jean Chrysostome 412; Delehaye 412.
(171) Vita XIII; XV: Malingrey, Jean Chrysostome 434-436.440-442; Delehaye 419.421-422; cf. anche Palladio, Hist. Laus. 144 (recensione lunga: PG 34,1249A-1250A; ID., Dialogus XVI, 189-190: Malingrey-Leclercq, Dialogue 320 ( = PG 47,56). La Malingrey ha operato un confronto tra le virtù ricordate dalla Vita e quelle messe in rilievo dal Crisostomo soprattutto nelle lettere VIII e XIII, cf. Malingrey, Jean Chrysostome 434 nota 2.
(172) Giovanni Crisostomo, Ep IX,1b.3f: Malingrey, Jean Chrysostome 220.230; Callegari, Giovanni Crisostomo 127.131 (= Ep XIV.1.3-4: PG 52,613.616).
(173) Giovanni Crisostomo, Ep VI,1e: Malingrey, Jean Chrysostome 130; Callegari Giovanni Crisostomo 55 ( = Ep XIII: PG 52, 611-612).
(174) A. Thierry, Saint Jean Chrysostome et l’impératrice Eudoxie. La société chrétienne en Orient (Paris 1872) 330-331. In realtà, il Crisostomo non appare sempre «energico e dominatore», ma anche lui spesso abbisogna d’aiuto.
(175) Al riguardo, cf. quanto abbiamo detto sopra pp. 352-353.
(176) Palladio, Dialogus XVII, 195-196: Malingrey-Leclercq, Dialogue 348 (= PG 47,61).
(177) Vita XIV, 9-12: Malingrey, Jean Chrysostome 436; Delehaye 420. È certo che l'autore della Vita ha utilizzato il Dialogo di Palladio (sulla questione, cf. Malingrey, Jean Chrysostome 393-396).
(178) Militello, Donna e Chiesa 33 nota 58.
(179) Giovanni Crisostomo, Ep VIII,ld-e: Malingrey, Jean Chrysostome 160; Callegari, Giovanni Crisostomo 104-105 (= Ep II,1: PG 52,556-557).
(180) Giovanni Crisostomo, Ep VII,la: Malingrey, Jean Chrysostome 132; Callegari, Giovanni Crisostomo 73 (= Ep I, 1: PG 52, 549).
(181) Giovanni Crisostomo, Ep VII,2b: Malingrey, Jean Chrysostome 138; Callegari, Giovanni Crisostomo 74 (= Ep I,2; PG 52,550).
(182) Cf. Giovanni Crisostomo, Ep XII.lb.c.d.: Malingrey, Jean Chrysostome 318.320.322-324 (= Ep VI: PG 52,599.600-601).
(183)Militello, Donna e Chiesa 44.
(184) Cf. Socrate, Hist. eccl. VI,11: PG 67,698B-C; Sozomeno, Hist. eccl. VIII,6,2: GCS 50,358 (= PG 67,1529B); Niceforo Callisto, Hist. eccl. XIII,9: PG 146,957C.
(185) Cf. Palladio, Dialogus XV, 69-83; XX, 62-63: Malingrey-Leclercq, Dialogue 298-300.398. ( = PG 47,52.71).
(186) Giovanni Crisostomo, Ep IX,4e: Malingrey, Jean Chrysostome 234; Callegari, Giovanni Crisostomo 133 (= Ep XIV,4: PG 52,617). Per risolvere il caso, il Crisostomo si era rivolto pure a Pentadia, anch'essa diaconessa di Costantinopoli e a lui fedele. Scrive infatti nella lettera succitata: «Io non ho ottenuto gran che, però ho raccomandato alla mia signora Pentadia di mettere tutto il suo impegno per trovare un rimedio al male» (Giovanni Crisostomo, Ep IX,4e: Malingrey, Jean Chrysostome 234; Callegari, Giovanni Crisostomo 133 (= Ep XIV,4: PG 52,617).
(187) Cf. Socrate, Hist. eccl. VI, 15.19; VII,8: PG 67,709A.724A.752A-753C, che lo dice «vescovo della Mesopotamia»; Sozomeno, Hist. eccl. VIII,16,5: GCS 50,371 (= PG 67,1557C); Niceforo Callisto, Hist. eccl. XIV,18: PG 146,1109-1113. Sul personaggio, cf. E. Tisserant, Marouta de Maypherqat (saint): DThC X/1,142-149; J.-M. Sauget, Marūtā: BSS VIII,1305-1309; ID., Marūtā di Majferqat: Dizionario Patristico e di Antichità Cristiane II,2157-2159; J. Noret, La vie grecque ancienne de s. Marūtā de Mayferqat: AnBoll 91 (1973) 77-103.
(188) Giovanni Crisostomo, Ep IX, 5a: Malingrey, Jean Chrysostome 236; Callegari, Giovanni Crisostomo 133-134 (= Ep XIV,5: PG 52,618).
(189) È un compito questo che Olimpiade ha portato a termine più volte. Alla fine della stessa lettera Crisostomo, dopo aver comunicato a Olimpiade la richiesta, accolta, del vescovo Ilario di poter ritornare nella sua terra «a raddrizzare le cose», l'esorta a fare in modo che, «senza fallo e senza incontrare intoppi, gli sia consegnata la mia lettera, che non vada persa» (Giovanni Crisostomo, Ep IX,5c: Malingrey, Jean Chrysostome 238-240; Callegari, Giovanni Crisostomo 135) [= Ep XIV,5: PG 52,619].
(190) Giovanni Crisostomo, Ep IX,5b: Malingrey, Jean Chrysostome 236-238; Callegari, Giovanni Crisostomo 134 (= Ep XIV,5: PG 52,618).
(191) Se si confronta tale incarico a Olimpiade con il rimprovero che Crisostomo fa alle donne che vogliono a tutti i costi immischiarsi nell'elezione o nel rifiuto di determinati sacerdoti (cf. sotto nota 195), si può valutare appieno, penso, il grado del suo coinvolgimento ecclesiale.
(192) Militello, Donna e Chiesa 37.
(193)Giovanni Crisostomo, Ep IV.1b: Malingrey, Jean Chrysostome 116; Callegari, Giovanni Crisostomo 48-49 (= Ep XII: PG 52,609). Su Massimo, Tigrio e Ciriaco, cf. Malingrey, Jean Chrysostome 116-117 note 3-5.
(194) Militello, Donna e Chiesa 44, che fa in nota i nomi delle diaconesse Pentadia e Amprucle, di Calcidia e Asincritia e di tante altre, a cui Crisostomo scrisse più lettere, dalle quali, se non appare direttamente un loro specifico impegno ecclesiale — unica eccezione possono considerarsi le diaconesse, in particolare Pentadia, cf. nota 186 —, risalta però netta la loro fedeltà a tutta prova al vescovo esiliato, per cui devono subire persecuzioni, e la loro piena disponibilità alle sue direttive, indice di un rapporto e una collaborazione precedenti.
(195) «La Legge divina — scrive nel dialogo Sul sacerdozio — ha escluso le donne dal ministero sacerdotale; ma esse cercano di penetrarvi; e siccome non possono nulla direttamente, agiscono in tutto per mezzo di altri; e così si sono rese talmente influenti, da decidere a loro talento per l'approvazione o l'eliminazione dei sacerdoti. Le cose si sono addirittura invertite, e si deve purtroppo constatare la verità di quelle parole passate in proverbio: i sudditi comandano ai loro reggitori. Fossero uomini, almeno! ma no; sono donne, proprio quelle a cui non è permesso neppure d'insegnare. Che dico insegnare? L'Apostolo Paolo non voleva nemmeno che parlassero nell'assemblea dei fedeli. E tuttavia ho appreso da un tale che esse sono montate in tale superbia da riprendere gli stessi capi delle Chiese e da assalirli peggio ancora di quanto faccia un padrone coi suoi schiavi» (Giovanni Crisostomo, De sacerdotio III, 9,31-44: A.-M. Malingrey, Jean Chrysostome, Sur le sacerdoce (Dialogue et Homélie), introduction, texte critique, traduction et notes, SC 272, Paris 1980, 162-164; per la traduzione italiana, cf. S. Giovanni Crisostomo, Il dialogo del sacerdozio, tradotto da R. Tonni, con introduzione del prof. G.L. Perugi, Il fiore dei Santi Padri, Dottori e Scrittori Ecclesiastici 7, Roma 1942, 79) [= PG 48,646].
(196) Militello, Donna e Chiesa 45.
(197) Giovanni Crisostomo, Ep CLXX: PG 52,709-710; Callegari, Giovanni Crisostomo 211-212.
(198) Palladio, Hist. Laus. 56,2: Mohrmann-Bartelink-Barchiesi 252-253; cf. anche Vita XV,6-7; XVI,4-5: Malingrey, Jean Chrysostome 440.442; Delehaye 421.422 (= c.144: PG 34,1249B.1250A).
(199) Militello, Donna e Chiesa 45. Si leggano per intero le pp. 45-47. L'affermazione di Pasquato: «Ogni tentativo invece di ricondurre, anche se con cautela, ruoli esercitati da Olimpiade al di lei stato diaconale come a loro fonte, al di là dei ruoli accertati in sede storica (...), risulta oltre che anacronistico, anche limitativo della grandezza di questa diaconessa costantinopolitana ed è destinato a generare forme di clericalizzazione, estranee sia alla concezione del Crisostomo (...), sia all'orizzonte della MD (= Mulieris dignitatem)» (Pasquato, La donna è forte 87-88) mi sembra una critica alle pagine della Militello. A noi qui non interessa tanto la questione della «origine ministeriale» o meno della collaborazione di Olimpiade nella Chiesa di Costantinopoli, quanto la realtà di questa collaborazione e la sua attuazione, e per questo motivo non ci fermiamo a discutere il problema. Una cosa però va detta: se la critica di Pasquato merita la dovuta attenzione, nel suo articolo, secondo noi, non sono messi per nulla in risalto il perché di questa intensa collaborazione e il suo significato. Frasi come «abbiamo visto emergere... aspetti della delicata ed energica... femminilità di Olimpiade.... ammiriamo soprattutto l'eccezionale femminilità» (Pasquato, o.c. 87) lasciano il tempo che trovano e suonano vuoti elogi. La domanda è: perché tale ampia collaborazione di una donna (e di tante altre donne)? Quale sarebbe la risposta del Pasquato?
(200) Oggi, molte donne nella comunità ecclesiale offrono la loro collaborazione, ma, a differenza di quanto accadeva a Costantinopoli, si trovano forse ai margini di un'azione pastorale che vede protagonista, attorno al vescovo, soltanto il clero. Il lavoro della donna nella Chiesa al presente è tanto, soprattutto nella catechesi. Si può dire che alle donne vengono «delegati» dei compiti, e anche dei compiti importanti; quello che manca, a mio avviso, è il riconoscimento ufficiale di questo servizio di collaborazione per la costruzione della comunità locale.
(201) «Che cosa — esclama in un'omelia tenuta prima dell'esilio — non soffrirei per voi? Voi mi siete concittadini, mi siete padri, mi siete fratelli, mi siete figli, mi siete membra, mi siete corpo, mi siete luce, mi siete ancora più cari di questa luce» (Giovanni Crisostomo, Sermo antequam iret in exsilium 3: PG 52,430). Erano questi i sentimenti di Giovanni, vescovo della Chiesa costantinopolitana, che Olimpiade condivideva appieno.
(202) Cf. E. e J. Moltmann, Dieu, homme et femme (Paris 1984) 138.
(203) Cf. E. e J. Moltmann, o.c. 138.
(204) E. e J. Moltmann, o.c. 78. |